Il primo dicembre1970 entrò in vigore la legge Fortuna-Baslini che introdusse in Italia il divorzio, a conclusione di un lungo e difficile cammino di battaglie, portate avanti dal mondo laico, e in primis dalla Massoneria storicamente impegnata, dopo la Breccia di Porta Pia del 2 settembre 1870, a contribuire alla costruzione del moderno stato unitario, attraverso l’affermazione dei propri valori e la realizzazione del sogno di una società nuova, in cui il diritto allo studio fosse garantito a tutti, e così quello alla salute, al voto, alla libertà di espressione e di culto, alle pari opportunità, ad una giustizia equa… Tra le numerosissime e non facili mission, fu proprio la revisione dell’istituto matrimoniale, a rivelarsi la più impervia.
Una strada irta di ostacoli
A presentare al parlamento italiano la prima proposta di legge per l’introduzione del divorzio fu nel 1878 il libero muratore salentino Salvatore Morelli, che da tempo si occupava di problemi sociali ed in particolare di quelli riguardanti la famiglia, con una grandissima attenzione ai diritti delle donne. La sua iniziativa non ebbe successo, ma senza scoraggiarsi la ripresentò due anni dopo, nel 1880, ottenendo un risultato parimenti negativo. Dopo la sua morte, avvenuta nello stesso anno, il divorzio trovò altri sostenitori.
Il comitato promotore del Goi
Nel 1890 nacque nell’ambito del Goi un “comitato promotore della legge sul divorzio” tra i cui esponenti figurava Giuseppe Zanardelli, più volte ministro e di lì a poco Presidente del Consiglio. La lotta per arrivare a questa breccia nell’ordinamento familiare sarebbe stata lunga, ci sarebbero voluti 80 anni, ma alla fine sarebbe andata in porto. Fu intanto necessario arrivare al 1902 perché si avesse l’impressione che una legge divorzista stesse realmente prendendo forma. Infatti in quell’anno il governo Zanardelli presentò un disegno di legge che prevedeva il divorzio in caso di sevizie, adulterio, condanne gravi ed altro, ma anche questa volta il disegno di legge fu affondato con 400 voti sfavorevoli contro 13 a favore. Poi la prima guerra mondiale fece dimenticare ogni cosa. Nel 1920 ci fu battaglia fra i socialisti (che dichiaravano che in certi casi il divorzio «in virtù dei soli principi religiosi non si può rigettare») e il Partito Popolare Italiano, cioè i cattolici.
1 dicembre 1970
Più tardi Benito Mussolini, coi Patti Lateranensi, si pronunciò contro e dovettero passare molti anni prima che la legge sul divorzio venisse riportata in discussione e il primo dicembre 1970 venisse introdotta nel nostro ordinamento con il n. 898, il titolo “Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio”, e i nomi dei due padri che la elaborarono Loris Fortuna e Antonio Baslini.
Il referendum del 1974 non riuscì ad abrogare la legge
Fu un grande risultato e forse segnò l’inizio di una trasformazione sociale del Paese, ma ovviamente la strada da percorrere rimaneva ancora lunga, perché l’Italia cattolica, quella antidivorzista, non si volle rassegnare; chiese il referendum, affinché fossero direttamente i cittadini ad esprimere le loro volontà. Ci vollero più di tre anni per andare a votare, ma dopo aver depositato alla Corte di Cassazione, 1 milione e 300 mila firme, il 12 maggio 1974 l’Italia si recò alle urne per decidere se cancellare o meno la Legge Fortuna-Baslini. Al referendum, il primo abrogativo che finora ha raggiunto il maggior quorum dei votanti, partecipò l’87,7 percento degli italiani aventi diritto. La legge, grazie a quasi il 60 percento dei no, pari a 19 milioni di italiani, restò in vigore.