Ogni anno, il 27 gennaio, il mondo si ferma per commemorare le vittime della Shoah, il genocidio che ha portato alla morte di milioni di ebrei, rom, omosessuali, dissidenti politici, massoni e altri gruppi perseguitati dai regimi nazista e fascista. Questa data, che coincide con l’ingresso nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau da parte dell’Armata Rossa nel 1945, è diventata un simbolo universale della lotta contro l’odio, la discriminazione e il totalitarismo. E in questo ottantesimo anniversario, segnato da rigurgiti di razzismo, intolleranza, antisemitismo, le celebrazioni assumono un carattere ancora più significativo. Per decisione degli organizzatori, nessuna personalità politica prenderà la parola e il microfono sarà riservato esclusivamente ai sopravvissuti, le voci più autentiche di quella tragedia, capaci di trasmettere l’orrore e la memoria di quell’orrore alle nuove generazioni. Alla cerimonia comunque prenderanno parte numerosi capi di Stato e di governo, incluso il premier israeliano Benjamin Netanyahu, invitato nonostante il mandato d’arresto internazionale pendente a suo carico per presunti crimini di guerra nella Striscia di Gaza. Sarà assente, invece, la Russia, che pur ebbe un ruolo storico importante nella liberazione dei prigionieri del più grande lager nazista, esclusa per volontà del governo polacco in risposta alla guerra in Ucraina. “Vogliamo concentrare l’attenzione sugli ultimi sopravvissuti che sono ancora tra noi, sulle loro storie, il loro dolore, il loro trauma e sull’eredità morale che ci lasciano”, ha spiegato Piotr Cywiński, direttore del Memoriale e Museo di Auschwitz-Birkenau, in un’intervista al Guardian.L’iniziativa dell’ Unesco
In parallelo, l’Unesco ha organizzato nella sua sede parigina una prestigiosa iniziativa in programma per il 23 gennaio, mirata a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza dell’insegnamento della Shoah e con la quale l’agenzia delle Nazioni Unite intende sottolineare la responsabilità collettiva di affrontare questa pagina, che è la più buia della storia dell’umanità, attraverso l’educazione nella speranza che aiutare i giovani a comprendere le cause, le conseguenze e le dinamiche dell’Olocausto possa contribuire a costruire una forte resilienza contro le ideologie dell’odio, prevenendo così il ripetersi di simili aberranti atrocità. A corredo dell’evento, è stata allestita una mostra del fotografo francese Olivier Mériel, che documenta due viaggi scolastici di studenti della Normandia ad Auschwitz e Birkenau, visitabile fino al 28 febbraio.La Giornata della Memoria deve insomma essere un baluardo contro l’indifferenza, deve entrare a far parte del nostro patrimonio di umanità, senza retorica. Ricordare la Shoah non deve significare soltanto rendere omaggio alle vittime, ma anche assumersi l’impegno di costruire un mondo migliore in cui i valori di libertà, dignità e rispetto prevalgano sempre. E in questo la forza delle testimonianze dei sopravvissuti occupa un ruolo centrale. Attraverso i loro racconti, carichi di dolore ma anche di incredibile forza d’animo, si ha chiaro il senso di quanto sia importante non dimenticare. Così come i momenti di silenzio, le preghiere e le cerimonie interreligiose che si svolgono durante le celebrazioni ad Auschwitz hanno il potere di rammentarci il senso universale e profondo della solidarietà umana e della fratellanza.
Tra le vittime della Shoah vi furono anche i liberi muratori, che, considerati nemici dello Stato e accusati di complottare contro il “nuovo ordine”, furono perseguitati, arrestati e spesso deportati nei campi di concentramento. I regimi totalitari, fondati sull’intolleranza e sul controllo assoluto, vedevano infatti nei loro ideali di fratellanza e uguaglianza una minaccia al proprio dominio e alla propria stabilità. Molti di loro furono sottoposti a processi fittizi e usati come capri espiatori per giustificare la repressione di movimenti democratici e oppositori politici.
Fascismo e nazismo
Ma come fu che i liberi muratori divennero bersaglio dei regimi autoritari? Come abbiamo visto (cfr pagina 10 e seguenti), il fascismo in Italia cominciò a sopprimere le libertà partendo proprio dalla libera muratoria, che nel 1925 fu messa al bando con una legge ad hoc. Quando i nazisti salirono al potere, fecero altrettanto. Gli sforzi per eliminare i massoni inizialmente non ricevettero la massima priorità. Ma ben presto le logge che sposavano tolleranza e uguaglianza e avevano collegamenti internazionali o collegamenti tramite i loro leader con i socialdemocratici o i liberaldemocratici, vennero perseguitate e furono costrette a chiudere i battenti e a sciogliersi. All’inizio del 1934 Adolf Hitler stabilì che i massoni che non avevano lasciato le loro officine prima del 30 gennaio 1933 non potevano unirsi al partito nazista. Subito dopo il ministro degli Interni Hermann Goering emanò un decreto che “invitava” le Obbedienze tedesche ad auto- sciogliersi e questo mentre le officine e le sedi istituzionali dell’Arte Realen diventavano bersaglio di violenza arbitraria da parte delle Ss e Sa. Nel maggio 1934, il ministero della Difesa proibì l’appartenenza alla Massoneria a tutto il proprio personale, soldati e dipendenti civili e durante l’estate, dopo che Heinrich Himmler e Reinhard Heydrich ebbero completato il processo di centralizzazione e controllo della Gestapo, la polizia tedesca chiuse con la forza molte logge, requisendone i locali e sequestrandone documenti, biblioteche e archivi. Il 28 ottobre 1934, il ministro degli Interni del Reich Wilhelm Frick emanò infine un provvedimento che definiva le officine ufficialmente entità “ostili allo Stato”. Dinanzi a tutto ciò la Gran Loggia Tedesca del Sole di Bayreuth (una delle Gran Logge tedesche d’anteguerra) comprese la gravità dei problemi imminenti che doveva fronteggiare e decise di adottare come proprio simbolo il “Non-ti-scordar-di-me”, al posto della tradizionale squadra e compasso, nella speranza di diminuire il rischio di riconoscimento dei fratelli da parte dei nazisti. Quando poi , sconfitto il nazismo e finita la guerra, la Gran Loggia del Sole rinacque nel 1947 , il Nontiscordardime si trasformò nel simbolo stesso dei massoni sopravvissuti ai campi di sterminio, alla clandestinità, alla repressione, al ludibrio.
Ebrei e massoni
La propaganda nazista intanto non aveva mai, fino all’ultimo, cessato, di insistere sullo stretto legame che univa ebrei e liberi muratori, attraverso accese campagne denigratorie. Il capo della sicurezza di Hitler, Reinhard Heydrich, definiva ebrei e massoni i “nemici più implacabili della razza tedesca”. Nemici da eliminare, “feccia infettiva, che aveva contaminato l’inconscio di molti, soprattutto nel mondo accademico e culturale”. Heydrich arrivò al punto di creare una sezione speciale del Servizio di sicurezza delle Ss, la Sicherheitsdienst o Sd, Sezione II/111, preposta a occuparsi esclusivamente di Massoneria. I nazisti e i loro alleati in Europa, organizzarono ovunque mostre anti-massoniche con lo scopo di mettere in ridicolo i massoni, la loro ritualità, i principi in cui credevano, gli arredi delle logge, i loro paramenti. Parigi ne ospitò una che ebbe tantissima eco nell’ottobre 1940, e così anche Bruxelles che ne allestì un’altra febbraio 1941- Ebrei e massoni furono accusati anche di aver provocato la seconda guerra mondiale e di essere responsabili delle politiche del presidente degli Stati Uniti Franklin D. Roosevelt, che era stato identificato come libero muratore. Nell’agosto 1940, il regime di Vichy in Francia emanò un decreto che dichiarava i massoni nemici dello Stato e autorizzò la sorveglianza della polizia su di loro. Le autorità francesi in tempo di guerra crearono persino uno schedario che conteneva i nomi di tutti i massoni del Grande Oriente di Francia, che fu in seguito microfilmato e condiviso con il Museo commemorativo dell’Olocausto degli Stati Uniti. Alla fine della guerra, vaste collezioni di documenti, oggetti e libri, sequestrati dai nazisti furono recuperati dalle forze alleate e sovietiche. Ad esempio, un importante archivio massonico fu rinvenuto in Slesia, nella Germania orientale, dalle truppe russe e spedito a Mosca. Altri materiali massonici furono dislocati in Polonia e gran parte di quei documenti oggi si trovano presso l’ Holocaust Memorial Museum americano. Alla fine della guerra fredda, molto materiale è tornato a casa. Recentemente la Biblioteca di stato bavarese ha restituito al Museo massonico tedesco di Bayreuth 203 libri rubati dai nazisti negli anni ’30, dichiarandosi pronta ad affrontare eventuali responsabilità in merito al proprio coinvolgimento nei crimini nazisti. Oltre che in Italia e Germania, quasi tutte le massonerie europee furono soppresse prima o durante la seconda guerra mondiale. In Romania nel 1937, in Polonia, Austria, Boemia e Moravia nel 1938, in Francia, Paesi Bassi, Lussemburgo, Norvegia e Bulgaria nel 1940, in Finlandia, Belgio, Croazia, Serbia, Montenegro e Grecia nel 1941, in Portogallo nel 1935, in Spagna nel 1939. In Russia e Ungheria la Libera Muratoria era già al bando rispettivamente dal 1917 e del 1919.
I numeri dell’Olocausto
Ma quante furono le vittime dell’olocausto? Le cifre cominciano a venir fuori e disegnano uno scenario ancora più atroce di qualche anno fa. Secondo il Museo dell’Olocausto, in totale, la Germania di Hitler, i suoi alleati e i suoi collaboratori, uccisero sei milioni di uomini, donne, bambini e bambine ebrei in diverse località e attraverso varie modalità. Furono circa 2,7 milioni gli ebrei sterminati nelle camere a gas dei campi di sterminio di Chełmno (167.000), Belzec (435 mila) , Sobibor (167 mila), Treblinka (925 mila) e Auschwitz-Birkenau (1 milione). Ad essi vanno aggiunti i 2 milioni di ebrei eliminati tramite le fucilazioni di massa e altre forme di violenza in 1500 luoghi, città, paesi, contrade dell’Europa dell’est occupata. Milioni di altre vittime, uccise tra il 1933 e il 1945, erano non ebrei : prigionieri di guerra sovietici, circa 3,3 milioni; polacchi (etnici) circa 1,8 milioni; rom tra i 250.000 e i 500.000; civili serbi più di 310.000; disabili in cura presso strutture pubbliche e private tra 250.000 e i 300.000, di cui almeno 10.000 bambini; oppositori e dissidenti politici tedeschi, decine di migliaia; testimoni di Geova circa 1.700; omosessuali, migliaia; massoni: il numero di coloro che non tornarono più dai lager, secondo diverse fonti, oscillerebbe tra gli 80 mila e i 200 mila. Un olocausto il loro che solo nel 2015, al termine di un lungo e complesso lavoro di ricerca, verifiche e riscontri, la Gran Loggia d’Inghilterra ha ufficialmente confermato, attraverso un dossier a firma di Davis Lewis, pubblicato sulla sua rivista “The Square”, che dava conto per la prima volta dell’esistenza di protocolli nazisti che ordinavano la sistematica cattura ed eliminazione dei liberi muratori , non solo in Germania, ma in tutti i paesi conquistati dal Terzo Reich.
Logge nei lager
Ma l’orrore dei lager non riuscì a spegnere la luce della Libero Muratoria, che generò logge anche all’interno di quei luoghi infernali a testimonianza del potere dell’umanità di resistere nei momenti più bui. Di due di queste officine si ha precisa documentazione. Si tratta di “Les Frères Captifs d’Allach”, attiva nel campo di Allach, annesso a Dachau, i cui file sono conservati presso il museo del Grande Oriente di Francia, e di “Liberté Chérie”, fondata il 15 novembre 1943 nel campo di concentramento di Esterwegen, in Germania. Quest’ultima, nacque dalla volontà e dal coraggio di sette massoni belgi, tutti detenuti politici, che si riunirono nella Baracca n. 6 del campo di Esterwegen. Questo luogo, destinato ai prigionieri stranieri e classificato “Nacht und Nebel” (Notte e Nebbia), era teatro di condizioni disumane: oltre 100 prigionieri vi erano rinchiusi sotto stretta sorveglianza quasi tutto il giorno, con una sola mezz’ora di aria. In quell’inferno i sette fratelli – Paul Hanson, Luc Somerhausen, Jean De Schrijver, Jean Sugg, Henri Story, Amédée Miclotte e Franz Rochat – decisero di innalzare le colonne di una officina, il cui nome si ispirava al celebre grido della Marsigliese. Appartenente al Grande Oriente del Belgio, con il numero di immatricolazione 29bis.8, l’officina rappresentava un atto di ribellione spirituale contro la brutalità nazista. Le riunioni si svolgevano intorno a un tavolo di lavoro che si trasformava, simbolicamente, in un tempio massonico. Un sacerdote cattolico era di guardia per proteggere i liberi muratori durante i loro rituali. Il logo della loggia rifletteva la condizione dei suoi membri: il trinomio illuminista “Liberté, Égalité, Fraternité” era affiancato da un triangolo blu e bianco, richiamante le divise dei prigionieri, e un triangolo rosso rovesciato al centro, simbolo dei detenuti politici rinchiusi nei lager. Due lettere “N” laterali ricordavano le parole “Notte e Nebbia”, che decretavano la deportazione e la sparizione dei resistenti. I sette fondatori di “Liberté Chérie” erano uomini di profonda cultura e straordinario coraggio, le cui vite furono spezzate o segnate per sempre dall’orrore nazista: Paul Hanson, maestro venerabile, giudice di pace e membro della resistenza, morì il 26 marzo 1944 a Essen, sotto le macerie della sua prigione bombardata dagli Alleati. Franz Rochat, farmacista e accademico, arrestato per la sua attività sovversiva, fu trasferito a Untermansfeld, dove perse la vita il 6 aprile 1945. Henri Story, industriale e attivista, venne ucciso a Gross-Rosen nel dicembre 1944. Jean Sugg, Amédée Miclotte, Jean De Schrijver e gli altri condivisero un destino simile, segnato da sofferenze indicibili. Solo quattro fratelli sopravvissero: Luc Somerhausen, Fernand Erauw, Joseph Degueldre e Franz Bridoux, quest’ultimo, giovane testimone, raccontò la storia di questa straordinaria loggia, che ci insegna che anche nei luoghi dove l’umanità viene annientata, la fratellanza, la libertà e la speranza trovano un modo per sopravvivere.
I fratelli Fiano e Segre
Nel giorno della Shoah il Grande Oriente d’Italia rende omaggio a tutti fratelli che furono perseguitati dal fascismo e dal nazismo e che pagarono con la vita il fatto di essere uomini liberi, da Giovanni Becciolini che morì a Firenze, massacrato dalle camicie nere nella notte del San Bartolomeo del 1925, al Gran Maestro Domizio Torrigiani, condannato al confino dal regime, a Giovanni Amendola, aggredito, bastonato e ferito alla testa per le sue posizioni critiche verso Mussolini il 26 dicembre 1923, a Placido Martini, Carlo Zaccagnini, Teodato Albanese, Carlo Avolio, Silvio Campanile, Giuseppe Celani, Mario Magri, Giovanni Rampulla, trucidati insieme ad altri fratelli nel 1944 alle Fosse Ardeatine, a Giordano Bruno Ferrari, figlio dello scultore e Gran Maestro del Goi Ettore Ferrari, giustiziato a Forte Bravetta. E ancora Nedo Fiano, sopravvissuto all’inferno di Auschwitz, acclamato dalla Gran Loggia del 2011 Gran Maestro Onorario del Goi, scomparso nel dicembre del 2020 all’età di 95 anni. Scrittore, dirigente d’azienda, uomo di profonda cultura, Fiano è stato uno dei simboli e dei testimoni della Shoah. “Un uomo e un fratello – come ha ricordato il Gran Maestro Bisi – che con la sua testimonianza e il suo straordinario impegno ci ha arricchito trasmettendoci la memoria di un’agghiacciante tragedia e esortandoci a non abbassare mai la guardia per la libertà e la dignità umana. Continueremo a ricordarlo nei nostri cuori portando avanti la sua missione. Perché le tenebre dell’odio non abbiano il sopravvento sulla luce della ragione”. Cinquantaquattro anni trascorsi in Massoneria, una vita di lotte per la libertà contro la follia nazifascista e ogni totalitarismo e un grande impegno come testimone. “Cercate di ricordare cosa è accaduto e preparatevi a difendere il vostro diritto e il diritto degli altri”, ripeteva ai giovani, ai quali raccontava l’Olocausto nazista vissuto da protagonista. Fiano venne deportato l’11 maggio 1944, insieme a tutti i suoi familiari arrestati, presso il campo di concentramento di Auschwitz, dove arrivò il 23 maggio. La sua matricola di prigioniero era A5405. L’11 aprile 1945 venne liberato dalle forze americane nel campo di concentramento di Buchenwald, dove era stato trasferito dai nazisti in fuga. Fu l’unico superstite della sua famiglia alla tragedia della Shoah. Nel libro ‘A 5405. Il coraggio di vivere’, ha raccontato la sua tagica esperienza di deportato. Sul suo braccio i nazisti impressero a fuoco il marchio con il numero assegnatogli nel campo di sterminio, ma il suo cuore e la sua libertà sono stati sempre più forti della follia del filo spinato e della negazione dell’umanità…E ancora, the last, but not the least, a Bruno Segre, passato all’Oriente Eterno a Torino all’etá di 105 anni proprio nel giorno di ricorrenza della Shoah. Segre, partigiano, massone. avvocato, fu testimone degli orrori delle leggi razziali e del nazifascismo. Era nato nel capoluogo piemontese il 4 settembre del 1918. E qui aveva frequentato l’Università dal 1937 al 1940, allievo di Luigi Einaudi, laureandosi in giurisprudenza, con una tesi dedicata a Benjamin Constant, fondatore del liberalismo. In quanto figlio di padre ebreo, non gli fu permesso di esercitare la professione di avvocato. Il 21 dicembre 1942 venne o arrestato per disfattismo politico. Dal 1943 iniziò un’esistenza clandestina con la sua famiglia in un paesino del cuneese tra Busca, Caraglio e Dronero. Segre militò nella Resistenza, fino alla liberazione dell’Italia. Si avvicinó e poi aderí al Grande Oriente d’Italia negli anni Settanta, ormai già decano di tante importanti battaglie in prima linea in difesa dei diritti umani e civili. Fu obiettore di coscienza, sostenne la diffusione della pratica cremazionista e la legge sul divorzio, cavallo di battaglia della massoneria italiana che tra il 1878 e il 1921 aveva tentato inutilmente, per ben 9 volte, di farla approvare dal Parlamento, su iniziativa dei massoni Salvatore Morelli, Tommaso Villa (torinese), Giuseppe Zanardelli, Agostino Berenini, Francesco Coccu-Ortu, Ubaldo Comandini e Guido Marangoni. Nel 2020 fu insignito della “Giordano Bruno”, classe oro, massima onorificenza del Goi. (Erasmo n.1 gennaio 2025 pagina 15)
25 gennaio 2025