Nell’ Ottocento il latino era ancora vivo. La messa veniva celebrata in questa lingua e con essa si pregava; molte lezioni – nei seminari, nelle università – erano tenute nell’idioma dell’antica Roma. Le traduzioni dei classici non abbondavano, proprio perché gli studenti dovevano conoscerlo. Anche se l’ultima grande stagione della poesia latina nella nostra letteratura fu il Cinquecento – tra gli autori Ariosto, Bembo, Della Casa, Castiglione – non mancano figure nei secoli successivi che, sovente componendo centoni, consentono al genere di non estinguersi. Arturo Carbonetto pubblicò nel 1993 (La Nuova Italia) un saggio che nel titolo compendiava l’avventura ormai giunta alla fine… ( …continua )