Grazie Shlomo per averci aiutato a capire e a non dimenticare

La testimonianza di Shlomo è stata la forma più nobile di omaggio alle vittime di ieri: la memoria

Per decenni Shlomo Venezia, ebreo di Salonicco di nazionalità italiana, ha preferito mantenere il silenzio. Ha tenuto dentro di se i mostri e i fantasmi, il marchio indelebile della Storia. Ha messo a tacere le voci raggelanti e i colpi della brutalità umana, come l’inconsolabile pianto di un neonato, sommerso dai corpi asfissiati, tra cui quello della sua stessa madre, placato da uno sparo sordo.

Ha lasciato che le immagini dell’orrore restassero vivide e mute nella sua mente: capelli tagliati e denti cavati ai cadaveri, corpi inermi trasportati nei forni crematori. L’autore, uno dei pochi sopravvissuti del Sonderkommando di Auschwitz-Birkenau, una squadra speciale selezionata tra i deportati con l’incarico di far funzionare la spietata macchina di sterminio nazista, aveva occhi, cuore e mente incatenati ai luoghi dello sterminio. “Non si esce mai” aveva detto “dal Crematorio”. Non si dimentica mai. E quando è necessario, nonostante il dolore, si comincia a parlare.



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