di Dacia Maraini
La scuola è in agitazione. Non solo i tagli, ma ora pure il tentativo, per fortuna fallito, di aumentare le ore di lezione! Sempre con l’idea che l’insegnamento sia un lavoro minore. Se non fosse così d’altronde non occuperebbe soprattutto le donne. È stato dimostrato che le professioni, nella storia, sono strettamente legate ai generi. Appena una carica scade di valore e di pregio, viene affidata in massa al mondo femminile. Tipico il caso delle infermiere e dei dottori. Delle insegnanti delle scuole inferiori e degli insegnanti di università e così via.
Secondo le classifiche internazionali lo stipendio medio italiano a fine carriera è pari a 43.666 dollari, ben 4 mila dollari in meno, circa, rispetto alla media Ocse (47.721). In Germania alle medie a fine carriera un professore guadagna 68.592 dollari, in Francia 51.301, in Spagna, 58.065, nel Regno Unito, 44.145 dollari. Un segnale anche simbolico della scarsa considerazione in cui sono tenute le scuole. Quasi che l’educazione fosse una cura minore, un impegno che pesa sulla comunità senza rendere nulla. Gli insegnanti d’altronde, come leggo in una lettera della Cida, (Associazione nazionale dirigenti e altre professionalità della scuola), non negano la necessità di rendere piu efficiente e qualificata la professione.
Non negano neppure la possibilità di un aumento delle ore di scuola, purché sia accompagnata da un progetto di riqualificazione dell’insegnamento nel suo insieme. Essi chiedono «l’innovazione metodologica e disciplinare, le iniziative di recupero e di sostegno, la valutazione degli apprendimenti e di istituto, la certificazione delle competenze, la formazione e l’aggiornamento culturale e professionale, la promozione degli accordi di rete tra scuole e dei rapporti con i territori nell’ottica del sistema formativo integrato». Il lavoro dei docenti è «implicitamente considerato di così poco momento da poterne variare l’entità in qualunque misura e in qualunque occasione, senza alcuna condivisione con gli interessati e senza corrispettivi sostanziali».
Ecco, credo che l’ira degli insegnanti si possa interpretare soprattutto come una reazione a quello schiaffo, che si aggiunge ai tanti altri schiaffi dati alla scuola in questi anni di riforme mai realizzate, di promesse deluse, di tagli sconsiderati, di colpevole abbandono. Siamo tutti d’accordo che bisogna fare dei sacrifici per ripagare i debiti, condizione necessaria per rimanere in Europa. Ciò che si discute è il modo di pretendere questi sacrifici e il modo di distribuirli, lasciando intatte le grandi ricchezze, ritirandosi timidamente di fronte alle potenti lobby, non punendo le speculazioni finanziarie, soprattutto chiudendo un occhio e anche due, sugli inquietanti contributi dati alla politica che, dal canto suo, li ha spesi male, con tracotanza, inseguendo prima di tutto i suoi interessi privati. La scuola è il piu grande investimento di un Paese per il futuro e noi abbiamo bisogno di futuro.