Cercatori di verità dalla Via della Seta alle sabbie della Palestina. I Magi, personaggi misteriosi eppure vicini a ogni sentire, hanno una storia da narrare. Da quando un giorno si misero in viaggio cercando il Logos che aveva preso carne. Il 14 dicembre il Servizio Biblioteca del Grande Oriente d’Italia, presso la Biblioteca di Villa Il Vascello, ha presentato il libro di Antonio Panaino, ‘I Magi e la loro stella‘ (edizioni San Paolo). Insieme all’autore, direttore della Rivista ‘Hiram’ e professore ordinario di Filologia, religioni e storia dell’Iran presso l’Università di Bologna, sono interventi Paolo Ognibene e Andrea Piras, docenti all’Università di Bologna, monsignor Romano Penna, biblista e docente emerito alla Pontificia Università Lateranense e il giornalista Gerardo Picardo. Davanti a un folto pubblico, che ha visto la presenza del Gran Segretario Aggiunto, Gianfranco Morrone, a condurre i lavori è stato Bernardino Fioravanti, Bibliotecario del Grande Oriente d’Italia, che ha ricordato come sei anni fa, in questo stesso periodo, venne presentata con un intervento del compianto Gherardo Gnoli, una breve monografia di difficile reperimento sul mercato, intitolata “I magi evangelici. Storia e simbologia tra Oriente e Occidente”. In quell’occasione, visto il riscontro, fu auspicato che l’autore approfondisse il tema con la pubblicazione di un volume che oggi, grazie alla casa editrice San Paolo, ha riscosso apprezzamento da parte dei lettori. Che la storia delle religioni sia un argomento di grande interesse in una biblioteca massonica è del resto dimostrato dal contributo agli studi di grandi personaggi come Raffaele Pettazzoni (appartenuto al Grande Oriente d’Italia), Henry Corbin, Georges Dumézil e Mircea Eliade, che scrisse l’editoriale al primo numero della Rivista massonica della Gran Loggia Nazionale Francese Villard de Honnecourt intitolato “Initiation et Monde moderne”.
“Il nostro dialogo sui Magi è iniziato nel 1999”, ha detto Andrea Piras, presentando il contributo di Panaino e inquadrando il retroterra culturale di questi personaggi che avevano “cura delle cose divine”. Univano la sapienza zoroastriana all’attesa del Salvatore, “attesa eurasiatica e il segno di una stella”. Ma “la ricerca dei Magi zoroastriani – ha proseguito lo studioso – andava oltre il cammino di saggezza e perfezionamento individuale: essi divennero un ‘canale di comunicazione’ tra più culture e mondi, e costituirono una sintesi tra vicende diverse che riguardarono le sorti della Palestina. Esperti di dottrina, guardavano alle età del mondo e sapevano scrutare i segni dei tempi”. Tornare sulla loro vicenda, vuol dire anche “riflettere su una storia nella quale sono sempre presenti dei mediatori”. Intrecciano nel loro cammino mistero e fascino, ciò che questi uomini vissero “fu qualcosa che è andato ben oltre la terra di Persia. Innescarono, infatti, un movimento di ritorno che portò alla conversione al cristianesimo di tanta parte dell’impero persiano”. La storia dei Magi evangelici, ha messo in chiaro lo studioso, non può dunque prescindere da uno sguardo retrospettivo su chi fossero tali esponenti del sacerdozio zoroastriano, iranico e persiano, e sulla loro rinomanza nel mondo vicino e medio-orientale, al punto da inserirli nel racconto dell’attesa del Salvatore. Un nodo centrale delle dottrine zoroastriane sul senso del tempo e sulla fine dei tempi, come sui segni prodigiosi che ne annunciano la venuta. Segni come una stella, appunto, un tema vero sia per il cristianesimo sia per lo zoroastrismo.
“E’ un libro pensato non per un pubblico ristretto di studiosi – ha sottolineato Paolo Ognibene – ma che vuole raccontare a tutti una grande storia. Dei sei capitoli che strutturano queste pagine, uno – il quinto – è particolarmente importante perché vi scorre la vera nozione della Stella, elemento che ha attirato l’attenzione di tanti, nel viaggio dei secoli. C’è chi ha ritenuto di identificarla con Venere e chi invece ha letto in questo segno il passaggio del pianeta Urano o la congiunzione di Giove, senza contare la celebre teoria della supernova, che ha alimentato altre suggestioni. Un’ipotesi, questa, che peraltro non avrebbe rappresentato per l’epoca un segno positivo, visto che il manifestarsi di segni del genere era considerato spesso presagio di calamità imminenti. Ma il testo, come chiarisce Panaino, non parla di cometa né di pianeti: è uno scritto religioso, e la Scrittura non ha bisogno di una fondazione astronomica o matematica. L’autore con questo studio ci restituisce invece il vero significato di questo astro: quello di un ‘segno’ che chiama a seguirne la scia”.
Particolarmente apprezzato l’intervento di Romano Penna, fine esegeta e tra i migliori esperti del pensiero di Paolo di Tarso. “Di questo libro – ha detto – ho anzitutto apprezzato il rigore scientifico e l’ineccepibile serietà metodologica. L’autore riesce a restare neutro nel viaggio della ricerca: è la necessaria distanza critica dello studioso che non parte da tesi precostituite ma usa un metodo per trovare un fine possibile, aperto a infinite possibilità di investigazione e compie le sue ricerche senza condizionare fonti e testi, piegando il testo per confermare un proprio orientamento”. Quando si analizzano le Scritture, ha avvertito il biblista, “il rischio è quello del fondamentalismo, definito dal magistero della Chiesa come il ‘suicidio del pensiero’. La pericope dei Magi insegna a guardare: ‘Aster’ non vuol dire cometa ma Stella”. “Sono docente emerito – ha proseguito lo studioso di Sacra Scrittura – ma se tenessi ancora lezione, consiglieri ai miei studenti la lettura di queste pagine non solo perché sfatano diversi luoghi comuni ma perché danno tante risposte e invitano ad altri percorsi di ricerca”. Una ‘cifra’ per leggere il brano evangelico, ha inoltre sottolineato Penna, “è il tema dell’universalismo di Matteo: la narrazione inizia con la venuta dei sapienti e termina al capitolo 28 con l’invito ad ammaestrare le genti. In mezzo, c’è la storia di un incontro con il Nazareno, la prospettiva e l’attesa della comunità d’origine dell’evangelista, la tensione dialettica che animava Antiochia di Siria. Un libro da tenere con sé nel viaggio di ricerca”.
Nel suo breve intervento, Gerardo Picardo ha invece sottolineato la passione di questi uomini per una verità continuamente da decodificare restando sulla strada. E ha ricordato alcuni insegnamenti di Paolo Lucarelli, che vedeva nei Magi la continuità del senso, la lezione di “cercatori solitari rispetto alla turba dei falsi sapienti”. A caccia dell’unico sigillo che tutti cerchiamo davvero: quello dell’autenticità, dell’umanità da riscoprire sui sentieri dell’Uno. Il giornalista ha quindi letto il messaggio del Gran Maestro, Gustavo Raffi, che – colpito da un grave lutto familiare – non ha voluto far mancare il proprio contributo ai lavori, con un testo che ha catturato l’attenzione e l’apprezzamento di tutti i presenti. “I Magi – ha scritto in un passaggio il Gran Maestro dell’Ordine – non cercano qualcosa: cercano qualcuno. E sono partiti da lontano per trovarlo. Uomini misteriosi, che un giorno diedero del Tu a Dio. Abbandonarono i loro palazzi, le case e le famiglie, per inseguire un sogno. Perché i cercatori hanno strade diverse da quelle battute da tutti: affrontano il rischio della ricerca, camminano a cuore aperto. Vanno avanti, bruciati anche dal dubbio”.
“E’ un libro che nasce da una riflessione lunga, e pesata”, ha detto Antonio Panaino. “Mi sono dato un metodo: non sposare alcuna tesi e non guardare in faccia a nessuno; usare l’approccio filologico ma anche quello storico-linguistico, riscoprendo la grande lezione dei Padri della Chiesa per risalire alla genesi e al senso del testo. Il tutto, partendo e mantenendo la mia identità, declinata pubblicamente, di uomo del dubbio”. Non era certo semplice scrivere di filologia e orientalistica applicata alla Sacra Scrittura. “Occorre studio ed equilibrio – ha rimarcato l’autore – perché la teologia ‘fai da te’ è sempre la più reazionaria. La strada scelta è invece quella del dialogo e dell’ascolto, perché nella cultura liberomuratoria il relativismo non significa approdo al nichilismo o alla negazione fine a se stessa ma si fa strumento d’indagine, sapendo che nessuna verità è definitiva e che occorre continuamente aprire le porte della comprensione”. Con questo approccio, ha proseguito Panaino, “ho letto la Stella come simbolo della Grazia, di una fede che si rivela a coloro che stanno cercando. ‘Aster’ si rivela ai Magi, e li chiama. E’ la Stella della fede, la voce che indica una salvezza”. Il segreto di questi “pochi paragrafi scolpiti da un lapicida” di nome Matteo, è quello di “saper leggere dei segni e prendere la strada della ricerca”. “Questo libro – ha sottolineato con un sorriso Panaino – non deve servire perciò a smantellare il presepe – togliendo i Magi che non furono tre e non si chiamavano nel nome che ci indica la tradizione – ma ad arricchirlo, facendo arrivare altri dieci o venti Magi ancora, perché segno e simbolo di altre culture e sapienze”. “I Magi – ha scandito lo studioso – sono coloro che, provenendo da una cultura diversa, un giorno cercarono una stella, mettendosi sulla strada per cercare se stessi e una risposta a un segno”.
Una storia che si fa racconto in ogni epoca, e spinge a nuove indagini. “Insieme all’Accademia di Vienna – ha annunciato l’orientalista – vorremmo ora realizzare un Dizionario di tutti i nomi dei Magi, ricostruendo altri percorsi del loro lungo viaggio nel tempo e nelle fedi”. “Man mano che ci mettiamo sul loro cammino – ha concluso Panaino – di questi personaggi biblici scopriamo altre cose incredibili. Ma soprattutto ci vengono pezzi di speranza, segni di quel dialogo che porta in dono confronto e rispetto reciproco, indicandoci il vero sogno che ci sta davvero a cuore: la pace tra gli uomini”.
Antonio Panaino ci conduce in un viaggio attraverso l’ambiente religioso e politico in cui la figura dei magi è nata e delinea i motivi simbolici e teologici che ne hanno determinato la fortuna tanto in Oriente quanto in Occidente.
«Da anni inseguo il cammino dei magi e i temi connessi a queste figure.
La loro storia è stata e rimane gravida di problemi e di aspetti intricati e sfuggenti. Due, tre, otto o dodici, apostoli o segni zodiacali, preti o maghi, re o sacerdoti, mercanti o legati, essi hanno altresì ispirato narratori e artisti di secoli e paesi diversi, suscitato imbarazzo e curiosità, ambiguità e devozione.
Nella prospettiva di un orientalista, più precisamente, di uno specialista dell’Iran preislamico, conto di poter suscitare interessi profondi sul tema del dialogo tra religioni, in modo da aprire percorsi e argomenti di ulteriore riflessione, a partire da una delle pagine più dense e suggestive dell’antichità mediterranea, capace da sola di far scaturire una letteratura di enorme portata contenutistica e di stimolare una produzione artistica di ricchezza ed efficacia incredibili».
(Antonio Panaino)