Da Eraclito e l’orologiaio al dialogo di Giordano Bruno con il procuratore di giustizia, la vita è ricerca di senso. Il nuovo libro del filosofo, edito da Mursia
“Sono di fumo, ma non sono un fantasma. Il pensiero non è corpo di carne e ossa, ma non è inconsistente immagine. Il corpo potete bruciarlo, il pensiero no”. E’ uno dei passaggi del Dialogo tra Giordano Bruno e il Procuratore di Stato. Uno dei quattro dialoghi che compongono il nuovo libro del filosofo Aldo Masullo ‘Piccolo teatro filosofico, Dialoghi su anima, verità, giustizia, tempo’, edito da Mursia (pp. 140, euro 14), da martedì in tutte le librerie. Masullo è un Maestro vero. La sua Filosofia si fa narrazione, alchimia di significati alla ricerca del senso. “Oggi siamo molti soli – spiega il filosofo – non nel senso che la solitudine sia un’eccezione, perché è una dimensione propria dell’essere umano, ma siamo soli perché isolati, ognuno chiuso nella propria monade, incapace di rapportarsi all’altro in modo aperto e carico d’amore. La filosofia è l’opposto di questa situazione, perché è costitutivamente dialogo. La grandezza del pensiero antico e soprattutto di Platone, è’ aver capito che non esiste umanità e filosofia che non sia dialogo, rapporto tra persone, scambio di esperienze”.
Di grande impatto il dialogo tra Eraclito e il mercante. All’uomo che vende strumenti per misurare il tempo, il filosofo insegna, dopo avergli fatto scoprire una parola che scava nell’anima dell’altro, che “il vivere è patire, cioè sentire, provare. La vita è paticità”. Il segreto è agire, darsi uno scopo profondo tra gli abitanti del Tempo. Perciò Masullo fa dire all’Oscuro: “Vogliamo, senza piangere sulle perdite né consumarci in illusioni, scoprire possibilità di senso nascoste, allestire scene nuove di mondo, delineare orizzonti di non confliggenti ma solidali libertà”. Alla fine del dialogo, l’uomo avrà scoperto la bellezza della differenza, il filosofo proseguirà il suo viaggio con la meridiana che il mercante gli ha donato.
Con questo libro, prosegue il professore emerito di Filosofia morale all’Università di Napoli Federico II, “scrivo finalmente non dei trattati o dei saggi filosofici, ma qualcosa che sia ‘congeniale’ alla filosofia, cioè il dialogo”. Queste pagine sono perciò “un invito a rompere il guscio d’isolamento, che non è materiale ma una volontaria reclusione dell’io. Spesso ci lasciamo ‘comprare’ dalla società, ci facciamo sommergere dalle cose, non rendendoci conto che questa società consumistica in cui ci troviamo a vivere produce bisogni artificiali a cui gli individui cercano di sopperire accettando ciò che la società offre a prezzo alto. Un costo che non è solo denaro ma il prezzo di un tempo che diventa avaramente conteso. Un frenetico correre senza più la possibilità di fermarci a riflettere su noi stesi. E invece l’uomo è libero in quanto trascende con il proprio pensiero la stessa vita immediatamente vissuta”. Il pensatore partenopeo si ferma, allunga le mani ossute, inarca le sopracciglia rosse. La voce è carica di vissuto: “Occorre fermarsi, masticare la vita, assimilare non solo con lo stomaco ma con la mente. Libertà è pensare la propria vita”, dice rivolgendosi da vecchio maestro ai giovani che ha allevato insegnando loro la forza del dubbio.
Cosa manca davvero a questo Paese? “Manca una buona scuola, e soprattutto dei buoni Maestri”, è l’analisi di Masullo. “Mancano esempi capaci di sollecitare il nostro sforzi di seguirli – aggiunge – e mancano ideali intorno ai quali costruire la nostra coesione. Siamo un’età senza passione. La passione non è la cecità di lasciarsi prendere da un’urgenza, ma patire, cioè vivere profondamente e dare spessore alla storia. E’ ragione e trascendenza. E tuttavia dovremmo, quei pochi che ancora avvertono questo bisogno di andare oltre, fare di tutto perché il senso della ricerca di ciò che ci può fare uomini, sia raggiunto da altri, camminando insieme lontani da lusinghe. Concentrati sulla nostra vita, che è relazione con gli altri. Vivere gustando la vita, ponendoci di fronte a noi come a dei problemi da risolvere e come storia da affrontare”. “C’è bisogno – rimarca Masullo – che ognuno di noi sia impegnato non tanto a dare il pane o l’aiuto immediato, ma a restituire agli altri il senso della loro vita narrando il senso e il segreto della propria vita. Mettendo in comune questa energia che è la storia personale. Noi stessi in dialogo con la vita, che è infinita ricerca”.
A strutturare il ‘Piccolo teatro filosofico’ sono quattro dialoghi: ‘Dialogo dell’anima e di un automa’; ‘Dialogo di Benedetto papa e del principe Amleto’; Dialogo di Giordano Bruno e di un procuratore di Stato’; ‘Dialogo di Eraclito l’Oscuro e di uno sveglio orologiaio’. “Nello scriverli mi sono divertito – scrive Masullo – tanto più che dei quattro dialoghi almeno due sono ‘impossibili’, immaginati fra persone di secoli diversi, per esempio tra un Benedetto papa e un principe Amleto, tra un Giordano Bruno e un procuratore di Stato del nostro tempo. Ho così ripreso a vivere, in solitudine, le gioiose discussioni con cui, nei molti anni del mio insegnamento universitario, i miei allievi con me ed io con loro, insieme sperimentavamo il lavoro filosofico. Intrecciare percorsi mentali non preordinati è dialogo: è l’anima che, secondo Platone, nel discutere con altri sulle questioni di fondo del vivere umano dialoga con se stessa, intima pluralità nella singolarità dell’esistere, irriducibile identità nella plurale differenza”.
Il pensiero è un ininterrotto gioco di domande e di risposte. Ognuno di noi, quando è solo, riesce a pensare perché dialoga con se stesso. Si pone domande, si dà risposte, obietta ad esse, ripropone le domande con le modifiche suggerite dalle obiezioni. Il dialogo tra due, o più, interlocutori è la dialogicità incarnata in una ‘corrente’ di parole sonanti. La verità è relazione, il dialogo è la situazione umana in cui irrompe la filosofia. In un passaggio di un dialogo, il Nolano chiarisce al suo interlocutore cosa sia la vera autorità: “L’autorità non s’identifica con il potere, riduttivamente inteso come la violenza del comando che impone ubbidienza senza se e senza ma. ‘Autorità’, invece, originariamente dice la capacità di promuovere lo sviluppo della vita. E la vita, si sa, si promuove non con la cieca durezza del comando ma con l’affettuosa attenzione che i greci chiamavano ‘epimeléia’, e i romani ‘cura’. Avere a cuore il destino di una vita, difenderne le intrinseche possibilità dal rischio di perdersi magari prima ancora di maturare, sollecitarne e orientarne le energie sopite, accompagnarla fino alla soglia del decidersi alla libertà, tutto questo è l’autorità”.
Completa l’opera, una ‘Breve riflessione sul dialogo’, la cui conclusione è da tenere controvento: “Nelle filosofie del dialogo, il dialogo è solo teorizzato come esercizio del logo, ma non praticato: ridotto così a tema di trattazione scritta, è proprio ciò che Platone si rifiutava di fare. Si tratta di meditate elaborazioni e acute analisi, tutte consegnate alle mute pagine di scritti magistrali, momenti di pensiero passati. Manca il dialogo ‘in carne ed ossa’, il pensiero vivo presente che interrogando s’interroga. Mancano coloro che insieme pensando parlano, intersoggettiva realizzazione dell’ideale dialogo dell’anima con se stessa. La filosofia senza nulla perdere del suo vigore può farsi scrittura, se mostra in azione la sua dialetticità, se lo scritto registra l’atto del pensiero vivente, colto mentre accade nella temporalità della storia e lasciato aperto fluire, inesauribile invito ad altre menti”. La Porta della Bellezza si trova solo con il dialogo che si fa ricerca e pensiero vissuto.