Sull’opera di Francesco Budassi (Urbino 1852 – 1912) è sceso il velo dell’oblio. Molto ingiustamente, perché Budassi fu un personaggio di primo piano nell’Italia post-unitaria. Sindaco di Urbino, parlamentare del Regno per due legislature, avvocato, professore di diritto, preside della Facoltà di Giurisprudenza, Budassi contribuì in modo decisivo allo sviluppo sociale della sua città e della sua regione. Tuttavia, oltre alla pregevole missione politica, meritava di essere illustrata e discussa la produzione saggistica dell’intellettuale.
Budassi fu autore di numerosi studi su marxismo e socialismo, sulla questione operaia, sui nascenti partiti di massa, sul rapporto fra Chiesa e Stato, sull’esigenza di emancipare le classi subalterne. Convinto sostenitore del sistema repubblicano, propugnò una concezione laica e democratica della nazione da poco risorta. Fu insomma un autentico massone, nel senso più nobile del termine: un uomo del dubbio che lavorò per il progresso dell’umanità, un esempio di virtù liberomuratoria a cui ancora oggi si può guardare come a un modello di riferimento.
Francesco Sberlati