“I popoli che hanno memoria sono dei grandi popoli. Il Tricolore è elemento di coesione sociale per il Paese”. Lo afferma il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’Informazione e alla Comunicazione, Paolo Peluffo, che oggi ha partecipato alla Festa del Tricolore organizzata a Reggio Emilia. Secondo il sottosegretario il “Tricolore appartiene all’Italia moderna, alla conquista dello Stato come fattore di modernizzazione, della Costituzione e dei diritti civili”. Peluffo cita esempi storici, raccontando come il “27 marzo 1814 nella Fortezza di Mantova, tutto l’esercito italiano radunato in attesa, dopo la sconfitta dei francesi, che gli austriaci prendano possesso del nord Italia, gli ufficiali vogliono ribellarsi e combattere contro gli austriaci, ma i generali non sono d’accordo. Ad un certo punto tutti decidono di bruciare le bandiere tricolori per non consegnarle in mano al nemico. A quel punto c’è un colpo di creatività italiana, le ceneri del tricolore vengono messe in un pentolone, viene preparato un vin brulé, che tutti bevono insieme”.
Questo, spiega Peluffo, a dimostrare che “il Tricolore è stato un progetto di costruzione della Nazione che poi è rinato anche dalle ceneri”. Tutte bruciate, in quel caso, tranne una, “la bandiera conservata per 33 anni dal generale Teodoro Lechi che la consegnò a Carlo Alberto quando entrò a Milano nel 1848”. Non solo. “Mazzini pone il Tricolore in un progetto rivoluzionario che immaginava attraverso due obiettivi: insurrezione contro i governi privi di costituzione e l’insegnamento. Noi dobbiamo ancora completare il progetto di Mazzini – rileva Peluffo – perché l’Italia è ancora un paese dove il 55% della popolazione non legge nemmeno un libro l’anno e dove il 46% degli italiani adulti ha soltanto la licenza di scuola media inferiore. Questo è un progetto che deve continuare”. E per l’anno prossimo “dobbiamo dedicare la festa del Tricolore al ricordo della grande tragedia europea che è stata la Prima Guerra mondiale”, conclude Peluffo.