L’occasione del centoventesimo anniversario dalla costituzione della Società Umanitaria ci permette di fare chiarezza su quel primo decennio (1893-1903) di cui si sanno, e si ripetono, le solite poche cose: il lascito di Prospero Moisé Loria, il Comitato promotore istituito dal Comune di Milano, il Decreto reale del 29 giugno 1893, le lunghe cause con gli eredi del Loria, il commissariamento imposto dal generale Bava Beccaris durante le terribili giornate del 1898, la ricostituzione dell’Ente nel dicembre 1901.
Oggi, attraverso la ricerca di Alfredo Canavero e di Morris Ghezzi, e con un discreto aiuto del nostro Archivio Storico, ogni cosa torna al proprio posto: lo statuto (al 1901 ce n’erano tre versioni diverse), la sede (quella odierna divenne ufficiale solo dopo varie peregrinazioni), i consiglieri (la crème del mondo politico e imprenditoriale del tempo), ma soprattutto i progetti, i resoconti e gli “studii” (cinque le Commissioni attive già dal 1897, sotto la presidenza di Luigi Majno), che hanno permesso nel 1902 di dare vita a strutture e iniziative davvero all’avanguardia, presto divenute un modello in molti settori della vita sociale italiana.
Merito di un gruppo coeso di uomini e donne che, pur essendo di ideologia non proprio allineata (erano “democratici e socialisti, laici senza partito, massoni, moderati e repubblicani” – ricordava Giovanni Spadolini), seppero fare fronte comune, dimostrando responsabilità e cuore nel fare vincere un’idea nuova di assistenza, di istruzione e di cultura. Riformatori convinti, che ancora oggi segnano la strada che stiamo percorrendo (Piero Amos Nannini).