La rivista è stata presentata a Torino da Gian Mario Bravo, Gian Enrico Rusconi e Massimo Salvadori.
“La prova è evidente. Con le preghiere non si governa”. Così iniziava un articolo di Tahar Ben Jelloun apparso su “la Repubblica” il 5 luglio 2013, nel quale lo scrittore arabo commentava il golpe militare che aveva appena spodestato il presidente egiziano Mohamed Morsi, leader della Fratellanza musulmana. Mentre nei Paesi affacciati sulla sponda meridionale e orientale del Mediterraneo torna a soffiare il vento della rivolta che aveva alimentato le “primavere arabe” del 2011, e le istanze laiche e libertarie si scontrano sovente con le pulsioni nazionaliste dell’islamismo più intransigente, in Europa non passa giorno senza che la questione del rapporto fra religione e politica non dia luogo ad accesi dibattiti nell’opinione pubblica e provochi tensioni fra i rappresentanti delle varie Chiese e gli organi dello Stato, oltre che fra partiti e movimenti di opposte tendenze.
“Memoria e Ricerca” ha pensato di dedicare un dossier monografico al rapporto fra laicità e sfera pubblica nell’età contemporanea, individuando, com’è sua consuetudine, una serie di casi nazionali che si prestassero a uno sguardo incrociato e fornissero elementi per qualche riflessione di taglio comparativo. La scelta è caduta su quattro contesti europei assai diversi fra loro: due Paesi, la Francia e il Belgio, con spiccate tradizioni laiciste e separatiste, chiamati a confrontarsi con le difficili sfide del multiculturalismo e dell’integrazione di minoranze etniche e religiose (ne parlano rispettivamente Jacqueline Lalouette e Jean-Philippe Schreiber); e due, l’Italia e la Spagna, con forte connotazione cattolica, ma investite negli ultimi decenni da vistosi processi di secolarizzazione e da contrastanti interventi di laicizzazione delle istituzioni e del quadro legislativo, che hanno provocato mobilitazioni neoclericali e il nuovo protagonismo sociale e politico della Chiesa. Ad essi sono dedicati i saggi di Fulvio Conti e di Ángel Duarte e Ángeles González Fernández.
Si sono poi individuati due casi mediterranei, la Turchia della Seconda e Terza Repubblica, un Paese caratterizzato da una base socio-culturale musulmana, che fin dai tempi di Kemal Atatürk ha fatto del principio di laicità il tratto distintivo del suo sistema giuridico e politico, messo in crisi dalla recente inversione islamista di Erdogan; e la Tunisia, che sotto la guida di Habib Bourguiba ha sviluppato un originale modello di “laicità islamica”, poi trasformato nella fase finale della dittatura di Ben Ali in una ideologia laicista, che è stata uno dei fattori scatenanti delle rivolte del 2011 e dell’ascesa al potere del partito islamico Ennahda. Del caso turco si occupa Rossella Bottoni e di quello tunisino Leila el Houssi.
L’ultimo case-study preso in considerazione è quello degli Stati Uniti, un Paese che ha fatto del pluralismo religioso la sua bandiera e che ha saputo coniugare fede e modernità. Un Paese più di altri toccato da fenomeni di secolarizzazione, ma pervaso al tempo stesso di una profonda religione civile, che costituisce il tessuto connettivo dell’identità nazionale americana e si nutre costantemente di nuovi martiri e miti, come quello di Martin Luther King su cui si sofferma Massimo Rubboli nel suo saggio.