Per una storia della carboneria dopo l’unità d’Italia (1861-1975)

Il 28 novembre si è svolta a Casa Nathan la presentazione del volume Per una storia della carboneria dopo l’unità d’Italia (1861-1975) a cura di Gian Mario Cazzaniga e Marco Marinucci (Gaffi Editore). Con i curatori è intervenuto lo storico Enrico Serventi Longhi. Moderatore della serata, il Bibliotecario Bernardino Fioravanti che, nel ringraziare la famiglia del compianto Francesco Siniscalchi, ha ricordato come il suo lascito di documenti inediti sulla carboneria alla Biblioteca del Grande Oriente abbia fornito uno stimolo importante per iniziare questi studi. L’auspicio condiviso con il professor Cazzaniga è quello di preparare presto una seconda edizione più ampia che includa nuovi materiali.

Gian Mario Cazzaniga, ha sottolineato come questo testo, che si presenta come una silloge documentaria, affronti un argomento poco studiato, quello delle vendite carbonare e del loro collegamento con organizzazioni politiche repubblicane, in un periodo quasi del tutto sconosciuto: dall’unità nazionale sino alla metà degli Anni ’70 del ‘900. La Carboneria, radicata in ambienti popolari, continua ad operare come anima intransigente del movimento repubblicano, la troviamo presente in gruppi antifascisti e nella Resistenza, mentre nella Repubblica questa riprenderà i suoi lavori in collegamento col Partito Repubblicano Italiano. A tal proposito è interessante notare che risultava obbligatoria nelle Costituzioni della Carboneria italiana novecentesca l’iscrizione degli iniziati al PRI, obbligo che troverà applicazione ancora nella seconda metà del Novecento. Lo storico ha sottolineato altresì come la vendite italiane abbiano seguito i flussi migratori radicandosi in vari parti del mondo, soprattutto dell’America latina.

Enrico Serventi Longhi ha ringraziato gli autori per il lavoro pubblicato che ospita anche alcuni documenti inediti dell’Archivio Guastoni-De Ambris, da lui stesso ritrovati e analizzati nella monografia Alceste De Ambris. L’utopia concreta di un rivoluzionario sindacalista (Franco Angeli, 2011) che hanno messo in luce l’appartenenza alla carboneria di De Ambris, sindacalista rivoluzionario, interventista, legionario fiumano, antifascista, massone e maestro carbonico di V grado. Per De Ambris, come per molti altri protagonisti del periodo, il rapporto con la massoneria e la carboneria fu molto complesso e articolato. Il sindacalista, in particolare, esprimeva una cultura politico-sociale fortemente ostile a qualsivoglia forma di organizzazione centrale, di rito e di liturgia. In tal senso il suo rapporto con il Partito socialista fu sempre problematico e dettato dal desiderio di prenderne le distanze, pur nel medesimo patrimonio spirituale, prima di tutto per bollare il riformismo di tradimento degli interessi della classe operaia, poi anche per rivendicare il primato dell’azione e del movimento sul pensiero e il partito. Allo stesso modo De Ambris si affiliò alla massoneria, in particolare alla Loggia Italia n. 450 della Grand Lodge de France, solo nel 1925, a seguito del suo forzato esilio a Parigi dopo la definitiva e orgogliosa presa di posizione antifascista. Precedentemente, il rapporto con il Grande Oriente ripeteva per certi versi quello col partito socialista e anche in questo caso tendeva a rimarcare la libertà d’azione dalla potente organizzazione, in un’ottica generale di autonomia della classe lavoratrice in quanto tale. Il rapporto con il Grand’Oriente era soprattutto di tipo informale e contingente, limitato alla frequentazione di quei massoni con cui condivideva le posizioni più eterodosse e radicali.
La Carboneria era una questione differente, prosegue Serventi Longhi: non solo essa rifletteva più coerentemente la linea mazziniana che faceva parte, assieme alle più moderne intuizioni dei sindacalisti rivoluzionari francesi, del patrimonio teorico di De Ambris; ma diveniva concreto programma politico, chiaramente segreto, che poteva unire sindacalisti, anticlericali, repubblicani e finanche anarchici, in particolare successivamente al terribile anno del 1908. Solo in seguito a questa data (sciopero generale di Parma), il sindacalismo “puro” di De Ambris cominciò a colorarsi di aspirazioni di rinnovamento politico, che progressivamente, attraverso la sua elezione a deputato, l’intervento in guerra e la spedizione dannunziana a Fiume, inserirono il tema della Nazione dentro la sua irriducibile autonomia di classe.

Marco Marinucci ha tracciato brevemente l’evoluzione in senso mazziniano e repubblicano della Carboneria post-unitaria, soffermandosi sulla figura dell'”ultimo” Mazzini, dei suoi tentativi insurrezionali anti monarchici e della sua ultima creatura politica ovvero “l’Alleanza Repubblicana Universale”, diversa dalla “Giovine Italia” e ricalcante in molti suoi aspetti la Carboneria medesima. Un passaggio del suo intervento è stato dedicato alla figura poco conosciuta di Ermenegildo Tondi, mazziniano intransigente, membro di spicco dell’ARU e, dagli anni ’80 dell’Ottocento, ricostitutore e Gran Maestro della Carboneria italiana. Infine Marinucci si è soffermato sull’ambiente romano trasteverino e sulla Carboneria Testaccina.

Fioravanti ha letto il messaggio che il Gran Maestro Stefano Bisi, impegnato in un concomitante evento del Grande Oriente, ha voluto comunque inviare ai relatori e al pubblico che numeroso ha partecipato al convegno. Il Gran Maestro si è congratulato per questo studio sulla carboneria, parte importante della storia del nostro paese. La carboneria, ha affermato il Gran Maestro, è “tra le radici del nostro operare nella società come Liberi Muratori: è un dovere studiarne le storie e l’orizzonte ideale”.

Fioravanti prima di congedare gli ospiti ha rilevato come la carboneria politica che noi conosciamo ha mutuato tutto il suo patrimonio simbolico dall’antica associazione di mestiere dei carbonari ritraducendone il significato con un costante riferimento al mondo del legno e della foresta. Tale patrimonio si è andato perdendo nella carboneria novecentesca come mostrano anche i diplomi di questo periodo e l’organizzazione stessa ne è uscita inaridita e incapace di rinnovarsi. (Il Servizio Biblioteca del GOI)



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