Ma cos’è questo continuo immaginar trame? Sembra spesso assumere la natura di una patologia dell’opinione comune e di un patologico rapporto con il “potere”. (Articolo di Sofia Ventura)
Esiste la congiura, come quella che portò Dario sul trono di Persia e della quale parla persino Erodoto. Un fatto. E poi c’è invece una sorta di costruzione intellettuale tanto generica quanto oscura che sfugge a ogni reale verifica empirica, che giura su manovre di pochi a danno di molti. E che ai giorni nostri non è tramontata. Anzi.
ESISTE un’ansia che appartiene a ogni essere umano ed è inestinguibile perché mai appagata, l’ansia di trovare nel mondo circostante, un senso, una trama intelligibile, rapporti di causa-effetto comprensibili alla luce degli schemi mentali posseduti. È un’ansia profonda perché ha a che fare con l’identità: ciò che accade e ciò che ci accade deve trovare un significato che rassicuri, rassicuri del proprio ruolo nella società e nel mondo, rassicuri perché riporta a comportamenti e logiche conosciute, e riconosciute spesso dal senso comune diffuso, dove la maggior parte degli individui trova la fonte del “sapere” dalla quale trarre le risposte ai propri interrogativi.
PER QUESTO sono tanto efficaci le narrazioni, che accostano tra loro fatti proponendo interpretazioni fondate non sulla logica e sull`accertamento effettivo dei legami tra eventi, ma piuttosto su meccanismi semplicistici che – per esempio – per ogni accadimento negativo individuano sicuri responsabili. Un esempio di tali narrazioni sono i “complotti”, oscure macchinazioni ordite da fantomatici personaggi ai danni.
È un articolato viaggio tra storia delle idee e storia politica. Dall’arte della congiura all’immaginario complottista di vittime (anche interi popoli) innocenti. E i complotti nutrono da secoli l’immaginario politico, così come la lotta politica, e non di rado hanno nutrito propagande liberticide e omicide. Nei meandri delle teorie dei complotti ci conduce un recente volume curato da Alessandro Campi e Leonardo Varasano per Rubbettino (2016), “Congiure e complotti. Da Machiavelli a Beppe Grillo”. Il sottotitolo è in realtà più un richiamo per il lettore assetato di contemporaneità che non un fedele indicatore dei contenuti del volume, che pure affronta il tema anche calandolo nella storia italiana nel saggio di Varasano. I diversi contributi, piuttosto, offrono finestre e chiavi di lettura, sviluppandosi attorno ai due concetti di “congiura” e “complotto”, talvolta affrontandoli contestualmente, per meglio distinguerli. Così avviene nel saggio di Campi, che apre il volume. Come spiega in questo e in un altro saggio dedicato alla congiura che portò Dario sul trono di Persia e narrata da Erodoto, la congiura è un vero e proprio atto politico, determinato e particolare, volto a eliminare un avversario politico con qualunque mezzo, condotto da un gruppo di uomini legati da una stretta alleanza e che si svolge all’interno di una stretta ricerchia. Alla congiura, e alla costruzione di una sua fenomenologia, si dedica in più parti dei suoi scritti Niccolò Machiavelli. Diverso è il complotto, che assume piuttosto i contorni di una costruzione intellettuale che, tanto generica quanto oscura, sfugge ad ogni possibile verifica empirica. Lo descrive in modo efficace Roberto Valle: «Se nell’età rinascimentale la congiura era un epifenomeno della fisiologia e della microfisica del potere (…) con la comparsa delle società segrete (secolo XVIII e XIX) la cospirazione diventa un arcanum della filosofia della storia, un’entità metafisica e metastorica che informe di sé le più disparate teorie del complotto». Sorgono così narrazioni che evocano oscure azioni di organizzazioni dedite a cospirazioni universali per raggiungere il dominio del mondo. Gesuiti, massoni ed ebrei sono i protagonisti di queste narrazioni quando queste prendono piede nel XVIII e soprattutto nel XIX secolo, come illustra lo storico francese Raoul Girardet nel saggio qui presentato e pubblicato per la prima volta nel 1986. Di complotti di tal genere sarebbe stata l’esito la Rivoluzione francese, secondo lo scritto – classico del genere – del gesuita Augustin Barruel che immaginò – come spiega Valle – la triplice cospirazione ordita dai philosophes, dai massoni e dai giacobini.
SE POGGIA su di una potenziale “fragilità della mente umana”, come abbiamo suggerito all’inizio, il complotto – l’affermazione della mentalità complottistica e lo sviluppo di narrazioni complottistiche – sembra dunque assumere la natura di una patologia dell’opinione comune, di un suo patologico rapporto con il “potere”, a sua volta legata a situazioni di crisi e trasformazioni che minacciano di minare costumi, tradizioni, modi di vita, sino alla stessa struttura sociale. Non meraviglia, dunque, che lo spirito del complotto aleggi oggi anche sulle società occidentali, poste di fronte a nuove sfide (crisi economiche, globalizzazione, immigrazione) e catturate nuovamente da ataviche e profonde paure. E di nuovo sentiamo l’eco delle trame della grande finanza e dei circoli ristretti di potenti della terra. Leader populisti, ma anche fragili leader di governo, scivolano in questa tentazione, che sembra connaturata alla modernità. Il volume di Campi e Varasano, pur con contributi in parte eterogenei e di diverso spessore, costituisce un utile strumento per fornirsi di chiavi di lettura di questo nostro presente, così pericolosamente simile a recenti passati.