Nel XII secolo la comparsa dell’arte gotica non cambiò solo i canoni stilistici e artistici della civiltà occidentale. Rivoluzionò anche la figura dell’artigiano-costruttore: il cantiere edile divenne un’organizzazione autonoma e i suoi componenti iniziarono ad acquisire l’indipendenza di un artista moderno (articolo di José Luis Corral, professore di storia medioevale all’università di Saragozza e scrittore.
Durante il Medioevo, per secoli si costruirono edifici con materiali grezzi ed effimeri, come il mattone o il legno. In generale, si trattava di costruzioni non molto alte, di dimensioni modeste, buie e poco resistenti. Erano lontani i tempi dell’Impero romano, con i suoi esperti ingegneri capaci di innalzare splendidi edifici in pietra: mura, anfiteatri, templi, terme, acquedotti e ponti. Si dovette aspettare l’XI secolo perché questi modelli dell’antichità ispirassero un’architettura nuovamente basata sulla pietra e impreziosita da soluzioni costruttive del passato, come l’arco a tutto sesto, la volta a botte e quella a crociera. Si innalzarono così edifici in stile romanico: castelli, ponti e palazzi, chiese ed eremi e, soprattutto, cattedrali. Un secolo più tardi, tramontata l’arte romanica, fu il gotico a dare nuovo impulso all’architettura in pietra. L’impiego dell’arco ogivale e della volta a costoloni permise di alleggerire i pesanti muri di pietra e inserire vetrate nelle pareti, che non dovevano più sorreggere il peso dell’edificio, distribuito su pilastri e grossi contrafforti.
Si inaugurò l’epoca d’oro delle cattedrali, massima espressione dello splendore della cultura medievale, e di coloro che edificarono queste imponenti costruzioni per tutta la Cristianità: architetti e tagliapietre, chiamati in francese maçons, muratori. Erigere edifici tanto grandiosi era un’impresa collettiva, complessa e costosa, e richiedeva un alto grado di specializzazione tecnica e divisione del lavoro; nel XII secolo sorsero dunque i cantieri, organizzazioni di salariati che prevedevano la totale subordinazione del singolo alle esigenze del lavoro artistico comune. I cantieri erano regolati da una precisa gerarchia: maestri muratori e manovali erano posti sotto la guida di un architetto, chiamato in genere “capomastro”, un ruolo esclusivo che si raggiungeva solo al culmine dell’ascesa nella gerarchia delle corporazioni.
PER SAPERNE DI PIÙ | SAGGI CONSIGLIATI DA STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC
Georges Duby – L’Europa delle cattedrali, 140-1280 – Skira, 1996 Marcello Fagiolo – Architettura e massoneria. L’esoterismo della costruzione – Gangemi, 2006
Una figura poliedrica
Nel periodo romanico, i capomastri erano già molto stimati e si fregiavano di un notevole prestigio sociale, anche se San Benedetto, nel capitolo 57 della sua Regola monastica, aveva prescritto che chi avesse prestato la propria arte alle opere sacre avrebbe dovuto farlo in assoluta umiltà. La fama degli architetti si consolidò ulteriormente in epoca gotica: i costruttori delle cattedrali apparivano come coloro in grado di rappresentare la magnificenza del regno di Dio sulla terra. Il ruolo di capomastro richiedeva la padronanza di molte conoscenze tecniche. Prima di tutto doveva elaborare un progetto dell’edificio e presentarlo al committente dell’opera: in genere un nobile, un reo un ecclesiastico. In quest’ultimo caso, il finanziamento derivava dalle rendite amministrate dalla cosiddetta fabbriceria, un’istituzione formata dal vescovo e dal capitolo dei canonici della cattedrale, che provvedeva al mantenimento dei luoghi di culto. Ma il compito del capomastro non si esauriva qui; come un imprenditore di oggi, egli si occupava di assumere gli operai che sarebbero intervenuti nei lavori e, anche allora, le contrattazioni dipendevano dal confronto tra la domanda e l’offerta. Il capomastro aveva sotto la sua responsabilità un gran numero di lavoratori; oltre a un’ottima capacità di pianificazione e gestione economica, gli era dunque indispensabile una notevole abilità organizzativa: alla costruzione di una cattedrale, infatti, prendevano parte circa trecento persone con svariati incarichi, e si conoscono casi in cui gli operai superavano il migliaio. Il lavoro doveva essere ben coordinato e diretto per evitare ritardi o interruzioni. Allo stesso modo, il capomastro doveva avere conoscenze molto vaste per poter dirigere, ed eventualmente correggere, carpentieri, scultori, vetrai, pittori, nonché fabbri e ingegneri.
La mobilità degli artisti nel Medioevo
Gli operai impiegati in un cantiere avevano mansioni distinte e differenti livelli di qualifica. Gli scalpellini intagliavano i conci (pietre squadrate) secondo la misura che era loro indicata; i carpentieri predisponevano le centine (armature per archi e volte) e le impalcature per poter erigere i pilastri e tracciare le volte; i muratori sistemavano le pietre squadrate nei muri; i fabbri dotavano di utensili ciascun laboratorio; i vetrai fondevano la silice e mescolavano la pasta di vetro con ossidi, per preparare le lastre di vetro a colori con le quali componevano le vetrate. A ognuno era corrisposto anche un diverso salario. Già nell’antico Egitto gli artigiani si riunivano in gruppi di lavoro e presso Greci e Romani esistevano corporazioni di costruttori e lapicidi, assunte in blocco per la realizzazione delle opere più grandiose; tuttavia nessuna di queste associazioni aveva le caratteristiche del cantiere edile medievale, un`organizzazione professionale autonoma dotata di una propria amministrazione, che nel XII secolo era andata a sostituire le officine monastiche, nell`epoca in cui con il rifiorire delle città e la crescita dell`economia monetaria i laici avevano preso il sopravvento nel settore dell`edilizia. Il carattere fondamentale del cantiere, che lo distingueva dalle officine dei monasteri, era la mobilità, la libertà di movimento dei singoli artigiani che si spostavano di luogo in luogo, a seconda della richiesta di manodopera. In epoca gotica, quando la costruzione di una chiesa poteva durare molti anni, spesso i cantieri si fermavano per generazioni nello stesso posto; ma una volta concluso il lavoro, partivano alla ricerca di nuovi incarichi.
Il cantiere come associazione di lavoro nacque in un periodo in cui la Chiesa e le comunità cittadine erano gli unici acquirenti di opere d’arte: si trattava di una clientela limitata e con richieste soltanto periodiche; gli artisti dovevano cambiare spesso sede per trovare un impiego, ma avevano nei cantieri un valido appoggio: un operaio capace poteva unirsi a uno di questi e restarvi finché c’era lavoro, ma era libero di cambiare cantiere quando lo volesse. Agli amanti della vita sedentaria conveniva associarsi a una grande Opera del Duomo, come quelle di Chartres, Parigi o Strasburgo.
Soltanto nel corso del ‘300, quando, con l`accrescersi del suo potere economico, la borghesia cittadina cominciò a commissionare con frequenza opere d’arte, l’artista poté distaccarsi dal cantiere e mettere radici in una città, come maestro indipendente, unico responsabile della sua opera: una figura che prelude già al libero artista moderno. Si può dunque considerare il percorso dell’arte medievale come un graduale allontanamento del luogo di lavoro degli artisti dalla piazza della chiesa: si passa dal periodo romanico in cui tutto il lavoro artistico, la decorazione sia pittorica sia plastica, era effettuato nell’edificio stesso, all’età gotica in cui il lavoro si svolgeva nei più attrezzati laboratori dei cantieri, accanto alla chiesa, e all’edificio si applicavano solo i pezzi già ultimati. Infine gli artisti lasciarono la piazza della chiesa per ritirarsi nelle loro botteghe; separazione che contribuì a determinare lo stile del gotico tardo, meno grandioso e più incline alla raffinatezza formale.