Liberi di dialogare senza pregiudizi. Incontro al Vascello con il segretario della Commissione Antimafia Di Lello

Un confronto libero, senza pregiudizi,  a tutto campo e a tratti anche acceso,  quello che ha avuto luogo al Vascello il 23 maggio tra il Gran Maestro Stefano Bisi e  il segretario della Commissione Antimafia della scorsa legislatura, Marco Di Lello. Un confronto, al quale hanno partecipato anche l’on. Daniele Capezzone e il professor  Giuseppe Bozzi,  e che ha consentito di chiarire ciò che tra i due interlocutori – Bisi e Di Lello- era rimasto in sospeso per ragioni di tempi stretti durante la trasmissione Hashtag24 andata in onda l’11 aprile su SkyTg24 sul tema, appunto,  dell’inchiesta parlamentare condotta dalla Commissione nella ormai scorsa legislatura su mafia e massoneria , sul sequestro degli elenchi degli iscritti al Goi di Calabria e Sicilia, sulle proposte di legge contro la Libera Muratoria. Un argomento complesso e delicato intorno al quale Bisi aveva inviato anche il conduttore del programma  Riccardo Bocca e il giornalista Gianfranco Turano,  in quell’occasione ospite in studio, a  proseguire fuori degli studi televisivi il dibattito. Dei tre,  Di Lello ha raccolto l’invito e la sua  disponibilità  è stata molto apprezzata.

Il Gran Maestro cita Pertini

Ha esordito il Gran Maestro,  citando una frase pronunciata dal presidente Sandro Pertini, in un suo discorso di fine anno, il 31 dicembre 1981. Sulla Massoneria si era abbattuto il ciclone Gelli. Ma l’allora capo dello stato, esercitando il suo ruolo di garante di tutti i cittadini, scelse di fare dei distinguo.  “Quando io parlo della P2 –disse infatti-  non intendo coinvolgere la Massoneria propriamente detta con la sua tradizione storica.  Per me almeno, una cosa è la Massoneria, che non è in discussione, un’altra cosa è la P2”. Non si è comportata allo stesso modo la Commissione, che ha commesso l’errore di generalizzare e di considerare a priori i liberi muratori alla stregua di mafiosi da censire. “Gli elenchi  non si chiedono a nessuno”, ha ribadito il Gran Maestro ricordando quando erano le camice nere a caccia di nomi di massoni.  Un accostamento che non è piaciuto a Di Lello.

Di Lello, volevamo capire di più

“E’ offensivo –ha replicato il segretario della Commissione- paragonare gli squadristi di Mussolini all’Antimafia. Noi abbiamo dato il via all’inchiesta sulla base di informazioni  tra possibili intrecci tra criminalità organizzata e libera muratori,   fornite da due autorevoli Procure, quella di Trapani e quella di Reggio Calabria. Volevamo capire di più. E ritenevamo di poterlo fare con la collaborazione delle principali Obbedienza massoniche.  Speravamo davvero che ci aiutaste. Chiedemmo i nomi senza fini scandalistici, come gesto di cortesia. Ma al rifiuto del Gran Maestro, che fu il primo a essere ascoltato in Commissione, fummo costretti a chiederne l’acquisizione forzata al Gico. E così si arrivò allo scontro”.

Bozzi, anomala la richiesta degli elenchi

“La vostra richiesta ci pareva anomala e aggressiva”, ha ribattuto  l’avvocato Bozzi, che fa parte  del comitato di giuristi insediato dal Grande Oriente per tutelare i suoi diritti nei confronti delle iniziative della Commissione. “Era una richiesta, quella degli elenchi  – ha spiegato- che non serviva alla individuazione di reati già rintracciati e perseguiti dall’autorità giudiziaria. Non c’era, infatti,  nessun processo contro specifici soggetti, che si reputavano iscritti al Grande Oriente. L’impressione è che si volesse fare  una indagine a strascico, esplorativa per vedere se tra gli appartenenti  al Goi ci fosse  eventualmente un indagato per reati di mafia, che non c’era nella concretezza dell’istruttoria, ma che forse in futuro, eventualmente poteva esserci.  Cosa per noi inammissibile”. “In secondo luogo –ha aggiunto il giurista- c’era da tutelare il diritto alla riservatezza. Un diritto che vale per tutti, ossia quello di  tenere la propria identità personale al riparo da ingerenze altrui, a meno che non ci siano ragioni giustificate da superiori interessi, esigenze penali della magistratura inquirente. Ma in questo caso non era così. Quindi su questo punto  il nostro dissenso era e rimane totale, radicale. L’acquisizione dei nomi, a nostro modo di vedere,  è illegittima e non solo non ha consentito alla commissione di  approdare a nessun risultato, ma oltretutto è sfociato in una conclusione aberrante, non sottolineata dalla stampa con la necessaria evidenza, a conferma del clima inquietante che c’è in questo momento nel nostro paese: ossia la proposta di una legge liberticida, una legge che affidi  all’autorità governativa,   non alla magistratura dopo l’accertamento di reato, ma al governo,  alla maggioranza di turno variabile, lo scioglimento delle associazioni massoniche. Cosa che ci fa regredire ai tempi del fascismo ed è davvero inaccettabile”.

Capezzone, avete armato gli strumenti della caccia all’uomo

Sulla stessa linea d’onda Capezzone.  “Da piccolo liberale ingenuo – ha detto ironicamente – presuppongo sempre la buona fede di tutti gli interlocutori, e tendo poi a praticare l’empatia e a mettermi nei panni di chi sostiene una tesi diversa. Quindi quando l’on. Di Lello dice con tanta sincerità ‘noi non abbiamo fatto l’inquisizione’,  sono orientato a credergli. Il problema allora – ha aggiunto, rivolgendosi al segretario della Commissione Antimafia-  è che avete fatto inquisizione inconsapevole, a vostra insaputa, stracciando tre o quattro articoli della Costituzione: la libertà di associazione, la responsabilità penale personale;  e anche la presunzione di non colpevolezza…”. Gravissima è la questione del sequestro degli elenchi, ha detto Capezzone, “immagino che sarebbe successo se qualcuno avesse chiesto quelli degli  iscritti alla Cgil, quante piazze San Giovanni sarebbero state riempite? “. E gravissima, ha sottolineato,  è anche la proposta della Commissione di attribuire al prefetto, senza nessun accertamento giurisdizionale,  il potere di sciogliere un’associazione massonica.  “E la vostra brillante proposta – ha rimarcato- è stata accolta dalla nuova maggioranza, in buona fede anche loro e con uno spirito di inquisizione inconsapevole. C’è solo da mettersi le mani nei capelli. Viviamo in una società incendiaria, caratterizzata da divisioni e asprezza e guerra di religione, in una situazione in cui è già difficile accettare l’altro,  e voi  accendete altri fuochi. Avete armato gli strumenti della caccia all’uomo.  E drammaticamente non  ve ne rendete conto”.

La questione della segretezza

Di Lello ha ammesso che nella parte finale della Relazione ci sono passi molto forti. “ Ma voi dovete capire”, ha commentato. “E’ anche inaccettabile che ci sia chi, come abbiamo scoperto nella nostra attività di indagine, in seno alla massoneria si senta così gerarchicamente vincolato al vertice della sua loggia, da disattendere una richiesta delle istituzioni. Si può anche giurare sulla Costituzione, come fate voi quando entrate nel  Grande Oriente, ma questo è un atteggiamento fuori della legge e fuori dalla Costituzione. Ed è negli atti. Noi abbiamo chiamato le Obbedienze all’inizio per avere collaborazione. Entrambe le procure non hanno mai pensato di dire c’è una problema tra massoneria ufficiale e la mafia. Il tema non è il singolo, la responsabilità penale personale è fuori discussioni”. “ L’assunto della procura –ha sottolineato Di Lello-  è che sia un livello nascosto di massoneria deviata, che ha collegamenti con la massoneria ufficiale. Noi abbiamo cercato di approfondire questo livello. Ricordo una frase testuale del Procuratore di Reggio Calabria, Cafiero De Raho, oggi alla  Dna. Disse: Negli elenchi non troverete il nome di un mafioso e nemmeno  i nomi di quelli che contano. E il dato più grave che è emerso dalla nostra inchiesta è che nelle quattro obbedienze,  le generalità di oltre 1900 associati  non consentivano di arrivare all’identità.  Cosa che ci ha indotto a ritenere la presenza di fratelli all’orecchio. Questo per noi, ripeto,  è inaccettabile”. “Ecco perché – ha spiegato- ho ceduto all’idea che occorra distinguere tra  riservatezza e segretezza. Il diritto alla riservatezza è un diritto anche costituzionalmente riconosciuto, che nessuno si sogna di mettere in discussione.  E’ evidente che la segretezza invece  unita a un a rigida gerarchia rappresenta una falla nella legislazione ordinaria sulla quale il legislatore si deve porre il problema di come intervenire senza comprimere la libertà di associazione. C’è secondo noi un vulnus nella normativa, nella legge Anselmi Spadolini, che va affrontato.  Credo che abbiamo fatto in Commissione –ha riferito- una buona attività di indagine senza intenti di criminalizzazioni della massoneria. Mi dispiace che sia stata accompagnate di violente polemiche”.

Falcone e la cupola

Si cerca sempre la cupola, ha commentato il Gran Maestro. Ma un grande magistrato, come Giovanni Falcone, di cui oggi ricorre l’anniversario della morte, diceva che la cupola, il famoso terzo livello, fatto di capitani di industria, politici, massoni , esiste solo nella mente degli scrittori. Questo vuol dire, dice sempre Falcone,  che “il sospetto non è l’anticamera della verità,  ma è l’anticamera della calunnia”.  “Secondo me –ha aggiunto riferendosi alla Commissione- in questo caso c’era un retropensiero, si è voluto andare a  colpire un’intera categoria di persone .  Persone che quando si sono iscritte al Grande Oriente d’Italia hanno dovuto fornire una  dettagliata documentazione e presentare il certificato penale.  ”.  “Io vi offrii –ha precisato- la mia collaborazione, chiesi di sapere i nomi, chiesi cosa dovessi fare. Avete invocato la privacy e alla fine si è scoperto che non erano iscritti al Grande Oriente.  Nella relazione si parla di  20 mila nomi censiti dal 1990 al 2017. Di questi 20 mila in odore di mafia 193 collegati alle quattro principali Comunioni, Poi si scopre che gran parte di loro sono assolti, prosciolti, o sono morti, o  avevano tentato di entrare o forse di infiltrarsi nelle nostre logge ma sono stati respinti”. Ma ciò che più preoccupa, ha continuato Bisi, “è quello che avete innescato”. Ha concluso l’incontro il giurista Bozzi, che è tornato sulla questione segretezza, citando l’attuale normativa, e dimostrando attraverso gli articoli che è una categoria estranea alla Massoneria del Grande Oriente. “Basta dire che la massoneria è un’associazione segreta”, ha esclamato aggiungendo: “Proporrei piuttosto una legge che imponga ad associazioni, sindacati e partiti, di esibire per esservi ammessi, come fanno i liberi muratori, il certificato dei carichi pendenti.

 

 



3 commenti a “Liberi di dialogare senza pregiudizi. Incontro al Vascello con il segretario della Commissione Antimafia Di Lello

  1. Bellissima iniziativa, il dialogo anche con chi ci avversa è sempre positivo, perché può instillare dei dubbi e forse far rivedere alcune posizioni preconcette.

  2. Purtroppo non è stato mai insegnato nelle scuole che cosa è la massoneria . Nei licei si parla appena di carboneria del periodo risorgimentale e niente più e quindi non si capisce che la Massoneria è in realtà una istituzione che difende la legalità e quindi lo Stato e le libertà costituzionali .

  3. Vivere nel mondo del sospetto limita la libertà di tutti i cittadini. Per questo motivo dobbiamo lottare per avere una società migliore.

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