Ottanta anni fa veniva pubblicato in Italia il Manifesto della razza. Il documento, che diede inizio alle persecuzioni degli ebrei, uscì per la prima volta in forma anonima sul Giornale d’Italia per essere poi rilanciato, dal 15 luglio del 1938, dopo l’ufficializzazione del Minculpop, dai principali quotidiani italiani. Avallato da dieci professori e ricercatori fu preambolo dei provvedimenti legislativi antisemiti approvati dal governo fascista nei mesi successivi di quello stesso anno e che culminarono nella deportazione nei lager nazisti di oltre ottomila ebrei di cui 733 bambini.
Il Grande Oriente è stata la prima istituzione a cancellare ufficialmente dal proprio Statuto la parola razza e a farsi promotore di ogni iniziativa in tal senso, a cominciare da quella lanciata il 26 gennaio scorso, nella Giornata della Memoria, dalla senatrice a vita Liliana Segre, che aveva auspicato che l’Italia eliminasse questo odioso termine dalla Costituzione.
“Abbiamo preso questa decisione in onore di tanti fratelli che hanno vissuto la tragedia dell’Olocausto”, aveva spiegato il Gran Maestro Stefano Bisi il 7 aprile scorso, durante la Gran Loggia di Rimini, nell’annunciare il provvedimento varato dal Goi. “Un piccolo grande gesto dall’enorme significato”, come ebbe a definirlo in quella occasione il giornalista Paolo Mieli, ospite del Grande Oriente insieme a Umberto Cecchi e Annalisa Chirico del dibattito “Liberi da pregiudizi”. “Il fatto che la Massoneria abbia tolto dalla sua costituzione la parola razza -aggiunse Mileli- ha un gran rilievo. E’ un termine che andrebbe cancellato anche dalla nostra carta fondamentale”.
Il 14 luglio anche la Francia ha eliminato questo termine dalla propria Costituzione: l’Assemblée Nationale – la camera bassa del parlamento – ha voluto che fosse un emendamento altamente simbolico il primo da apportare alla Carta Fondamentale nel quadro del progetto di revisione costituzionale promosso dal presidente Emmanuel Macron. Introdotto, nella carta fondamentale, anche il divieto di ogni “distinzione di sesso” tra cittadini. Nell’articolo 1, che definisce i valori fondamentali della Repubblica, la futura versione emendata indica infatti che “La Francia è una Repubblica indivisibile, laica, democratica e sociale. Garantisce l’eguaglianza dinanzi alla legge di tutti i cittadini senza distinzione di sesso, di origine o di religione”. La parola “razza” fu introdotta nella Costituzione francese del 1946, proprio con l’obiettivo di respingere le tesi razziste dopo gli orrori nazifascismo. Con la stessa aspirazione, venne poi ripresa in quella della Quinta Repubblica del 1958.Paradossalmente, includere quel termine così controverso (è ormai ampiamente dimostrato che le razze non esistono) nella carta fondamentale ha però contribuito a legittimare le teorie di chi invece pensa il contrario. Un controsenso che dovrebbe dunque scomparire l’anno prossimo, se la riforma costituzionale di Macron andrà in porto.
#14luglio Egalitè, la #Francia cancella dalla Costituzione la parola ‘razza’ e le distinzioni di sesso http://ow.ly/h5uZ30kWZfO
Anche in questo campo il GOI si dimostra antesignano e compie un gesto di grande significato etico – morale, oltre che democratico.
Dario Seglie
Consigliere dell’Ordine, GOI