Il Grande Oriente d’Italia è stato quest’anno sponsor d’eccezione della quinta edizione della Biennale della Poesia, una rassegna dalla storia prestigiosa – il suo debutto fu a Venezia a Palazzo del Cinema – che, il 20 settembre, dopo le celebrazioni al Gianicolo e a Porta Pia per l’anniversario della storica Breccia, ha dato il via al programma di incontri tradizionalmente organizzato al Vascello per la festa dell’Equinozio d’Autunno, che segna la ripresa dei lavori di loggia.
Tantissimo il pubblico, che, nonostante la pioggia, è intervenuto all’evento, decretando il successo di una serata che ha visto succedersi al microfono alcuni tra i protagonisti del mondo cultura e dell’arte che da “testimoni di pace nel mondo”, hanno voluto dedicare questa serata alle speranze, il tema della manifestazione di quest’anno del Grande Oriente d’Italia, ma anche alle emozioni e a quel sentire del cuore che accomuna tutti gli uomini della terra. Artisti, attori, musicisti, scultori, che hanno preso parte alla magica serata. Grandi nomi, che si sono succeduti al microfono nella bellissima sala della Biblioteca, intitolata a Paolo Ungari, cantare, raccontare, raccontarsi… Francesca Benedetti, Erika Blanc, Enrica Bonaccorti, Gabriella Casali, Ida De Benedetto, Andrea Giordana, Nicola Masotti, Daniela Poggi, Patrizia Tapparelli, Edoardo Siravo, che hanno recitato i versi di Ennio Cavalli, Giuseppe Mannino, Paolo Ruffilli, Gabriella Sica, Alberto Toni, Valerio Magrelli Marta Gomez De Souza.
E ancora Alessandro Quasimodo, figlio del Premio Nobel e libero muratore Salvatore Quasimodo, di cui ricorrono i 50 anni dalla morte, che ha letto alcune delle più belle poesie del padre, soffermandosi con orgoglio anche a ricordarne l’ appartenenza al Grande Oriente d’Itala. Orsetta Foà, figlia di Arnoldo, massone anche lui del Goi, insignito durante la Gran Loggia del 2017 della Giordano Bruno d’oro alla memoria. Il grande melodista italiano Amedeo Minghi, che ha cantato 1950 accompagnandosi al pianoforte. Roberto Fia, a cui si devono brani come “Uno su Mille”; l’indimenticabile Silvan, che ha voluto regalare un po’ della sua straordinaria magia alla sala affollata; Renato Serio, detto Mariano; Riccardo Cimino; Giorgio Onorato Aquilani; Luigi Mastracci. A tutti loro è andato la Lettera d’argento, il riconoscimento della Biennale della Poesia, bellissime sculture a firma di artisti come Roberto Ioppolo, Giorgio Bortoli e Giuseppe Mannino.
Un riconoscimento è stata consegnato anche a Vittorio Sgarbi, politico, critico d’arte, sindaco di Sutri, cultore della bellezza e paladino della libertà. Felicissimo di essere al Vascello è apparso Sgarbi, che in più di un’occasione è sceso in campo in difesa della Libera Muratoria. “Io sono qui – ha detto – per una ragione particolare e una generale”. “Quella generale – ha detto – è che siamo nella sede di un’istituzione nobile e gloriosa che si chiama Massoneria e che io ho sostenuto nella sua legittimità democratica rispetto alle minacce che arrivano da chi ritiene che un massone non possa avere ruolo in un governo in base a un contratto iniquo e illegale. E’ intollerabile – ha aggiunto facendo riferimento ad uno degli ultimi attacchi sferrati alla Libera Muratoria- che la presidente della commissione giustizia invochi una commissione stragi per verificare le responsabilità connesse di Massoneria stragisti e mafiosi. Questo è un insulto. E’ un atto ignobile di una parlamentare eletta per caso”. “Quello che voglio dire – ha spiegato – è che bisogna reagire a un atteggiamento intollerabile di istituzioni non degne di questo mondo. La presidente della commissione giustizia non può dire stupidaggini legando il vostro destino, il vostro nome, le vostre glorie alle stragi”.
“Devo ringraziare il Gran Maestro Stefano Bisi – ha detto Sandrino Aquilani, direttore della Biennale e presentatore della kermesse insieme a Tiziana Bagatella – per aver colto lo spirito di questo ‘artisticamente coraggioso’ evento culturale e per avermene dato l’opportunità. La poesia ci porta dove la scienza non arriva ed è l’arte di vendere sogni, ma anche i nostri guai migliori come diceva Alda Merini. Muoiono i poeti, non muore la poesia, soleva dire Aldo Palazzeschi e qui, stasera, la Poesia più viva che mai, si ritrova e si rinnova. Troppo grande il desiderio di essere utile all’Umanità per non dargli ascolto, ed essere utile a qualcuno, in qualche parte del mondo, è una gioia infinita che un cuore può cogliere e coltivare”.
Ha concluso l’intensa serata il Gran Maestro. “ Il ricordo di Salvatore Quasimodo nostro fratello del Grande Oriente d’Italia, da parte di suoi figlio, – ha sottolineato – per me è stata una grande emozione. Io ho citato spesso suo padre – ha aggiunto rivolgendosi ad Alessandro Quasimodo – e a chi ci ha esclusi dal governo per la nostra appartenenza, ho chiesto: ve la sentireste di fare a meno come ministro della Cultura del premio Nobel Quasimodo perché massone?. Ringrazio Sgarbi – ha aggiunto poi – per la difesa che fa del libero pensiero. Ho avuto a che fare con la presidente della Commissione Giustizia, Giulia Sarti, quando era membro della commissioni Antimafia. L’acrimonia che ha mostrato nei confronti di questa nostra associazione di uomini, che insegnano e a loro volta imparano l’educazione alla cittadinanza, non è stata pari neppure a quella della presidente Bindi. Ma noi siamo ancora qui. Questa nostra casa è una casa della cultura, una casa aperta a tutti. E a chi ricorda continuamente la P2 io rispondo con le parole del Presidente più amato dagli italiani, Sandro Pertini. Nel messaggio di fine anno del 1981, in pieno scandalo Gelli, Sandro Pertini disse agli italiani: ‘non voglio essere frainteso, un conto è la P2 e un conto la Massoneria con i suoi valori tradizionali”.
Salvatore Quasimodo, libero muratore
Il grande Salvatore Quasimodo, Premio Nobel per la Letteratura, era massone, circostanza che nei libri di storia, viene spesso taciuta anche se la Massoneria influì nella sua ricerca stilistica e diede una impronta alla sua Arte. Proprio agli esordi quando, negli anni Venti, il poeta frequentava il Tempio massonico di Licata della loggia “Arnaldo da Brescia” del Grande Oriente d’Italia. Lì aveva fatto il suo ingresso il 31 marzo del 1922. Siamo all’epoca dei suoi primi versi importanti, versi che esprimono la costante ricerca di un legame universale di solidarietà con il mondo. Quasimodo, segnato dall’esperienza massonica, farà della Parola una sorta di “grimaldello” per decifrare il mistero del cosmo, uno strumento con cui sgrossare quella pietra grezza che i liberi muratori non smettono mai di lavorare nella costruzione perenne del Tempio”.
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