Una vita fuori dagli schemi, permeata dal suo talento artistico, costellata di successi nelle corti europee e di avventure amorose
Se ne sta in piazza Guidiccioni. Immobile nel tempo, fermato nello splendore di una gioventù eternata dal marmo. Se ne sta, Francesco Xaverio Geminiani, nella posa di ciò che la storia ricorda di lui: il talento per la musica, che lo ha fatto violinista e compositore. Nato non lontano da Palazzo Orsettine11687, esploratore del mondo come artista, fu naturalmente più noto all’estero che nella sua terra natia. Trovò la sua fortuna in Gran Bretagna e in Irlanda -morirà ne11762 a Dublino -, dove ancora oggi il suo nome non è stato inglobato dal passato anche per i legami con la massoneria. Geminiani viene infatti considerato come il primo massone italiano. Conobbe l’ordine durante la sua permanenza nel Regno Unito, e la loggia lucchese che una manciata di settimane fa ha celebrato i dieci anniporta il suo nome. Senza scendere nel merito del suo associazionismo, va ricordato che era un figlio d’arte: suo padre era infatti il celebre violinista Giuliano, e fu proprio lui a insegnare al bambino il pentagramma e come amare la musica. Fu dunque allievo di due maestri dell’epoca fino a entrare nella prestigiosa scuola di Arcangelo Corelli, uno dei compositori e violinisti del periodo barocco più noti dell’epoca. Appresa l’arte, Francesco prese il posto del padre alla Cappella Palatina. È il 1707, vi rimarrà quattro anni prima di divenire direttore della prestigiosa orchiestra del Teatro dell’Opera a Napoli. Ormai la sua carriera è inarrestabile e appena approda a Londra la sua fama, simoltiplica: l’attività musicale diviene frenetica e Geminiani in una manciata di anni pubblica numerose sonate. Per la precisione, pubblica due raccolte di Sonate per violino, una per violoncello, due per clavicembalo, tre di Concerti Grossi e la sua opera più nota, la musica di scena La Foresta incantata, ispirata da uno dei canti dell’opera letteraria La Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso. Mandata alle stampe per la prima volta a Parigi nel 1754, questa racconta dell’assedio di Gerusalemme durante la prima crociata, e fa rivivere lo scontro tra il conte Goffredo di Buglione e lo stregone Armida. Ma Geminiani è uomo di fine intelligenza e le dedica tutte queste sonate e non senza una certafurbiziaal ciambellano di re Giorgio I. Il barone di Kielmansegge va in estasi, parla al re di questo italiano venuto da lontano appassionato di musica e grande compositore, amante del violino e del clavicembalo. La sua musica, si pare che abbia detto, la definisce celestiale. Re Giorgio I è incuriosito, accetta di buon grado il lucchese alla sua corte per sentirne la musica. Geminiani è all’apice della sua fama, eppure la passione perl’arteche lo spinge, da vero dandy ante litteram a fare acquisti spesso sconsiderati lo obbliga alla disperazione finanziaria, da cui si salva solo grazie al conte di Essex, che lo accoglie e lo protegge (secondo alcuni mettendolo nella lista dei suoi domestici poiché la legge assicurava la libertà alle persone legate all’alta nobiltà locale). Continua a comporre, Geminiani, e continua a pubblicare. Viaggia molto per l’Europa, tornando anche a Parigi dove riscuote attenzioni e plausi. A Londra, nel 1755, fonda e dirige un giornale musicale: l’impresa non va come spera, i debiti lo perseguitano, allora parte alla volta dell’Irlanda dove un suo vecchio allievo lo accoglie alla corte del re. La leggenda vuole che avesse un grande sogno, quello di pubblicare un volume con le sue composizioni in modo tale da dar loro una forma, e l’evoluzione che solo l’esperienza sa garantire; eppure una donna una donna con cui, secondo alcuni, aveva intrecciato una relazione-lo deruba, e il sogno svanisce insieme alla salute. Ecco la storia di Geminiani, e adesso se passerete da piazza Guidiccioni, alzate lo sguardo e cercate il suo: lo troverete possente secondo l’opera dell’artista versiliese Nicola Domenici, che lo fa alto due metri e settanta (contro il metro e sessanta reale). Lo troverete possente come un’uomo che visse un’esistenza d’amore e di musica, di passione, di denaro e di miseria. E seppe entrare nella storia, non solo della sua città. (di Flavia Piccinni)