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Non c’è da sorprendersi che Lidia Bramani dopo il suo Mozart massone e rivoluzionario (Bruno Mondadori, 2004) non abbia abbandonato il percorso esplorativo sul suo amato Amadé e si sia inoltrata in un labirinto, probabilmente senza fine, per individuare le radici culturali che hanno dato vita alle Nozze di Figaro e la solida struttura drammaturgica e musicale che sorregge questo capolavoro, assurto da Bramani come emblematico dell’intelligenza e della cultura del compositore.
Ne è nata un’analisi mirata, varia di connessioni, più approfondita della precedente, ora pubblicata dal Saggiatore (Le Nozze di Figaro – Mozart massone e illuminista, pp. 448, € 38) e divisa in due parti.
Nella prima, ricchissima di documenti, di ritratti di personaggi noti e quasi sconosciuti, vengono ricomposti i fermenti della Vienna dei secondi anni Ottanta del Settecento, dove grazie anche alla lungimiranza di Giuseppe II si coltivavano ideali di fratellanza, uguaglianza, emancipazione per cambiare il mondo pacificamente (successivamente traditi dalla violenza della Rivoluzione Francese); nella seconda parte invece ci si addentra nell’esame vero e proprio dell’opera, le variazioni rispetto al testo di Beaumarchais, la drammaturgia, l’analisi musicale.
Non vengono trattati tutti i numeri (sono comunque a disposizione gratuitamente sul sito del Saggiatore per chi volesse una lettura specifica), ma le riflessioni sono raggruppate attorno a quattro fondamentali: il tema etico-politico, la Naturphilosophie, il ruolo della donna nella società, la libertà erotica.
Si tratta indubbiamente di una lettura impegnativa, le sorprese sono a ogni pagina, ma alla fine ne esce un ritratto completo del compositore. Non solo viene sfatata per sempre la figura del geniale giocherellone, ma attraverso le sue letture (fondamentale il lavoro da bibliotecaria che Bramani fa mettendo il naso nella libreria di casa Mozart) se ne apprezza lo spessore culturale e la grande sensibilità per gli umori del tempo. Incontrovertibile che sia stato lui a scegliere la pièce di Beaumarchais per ricavarne un libretto e che papà Leopold avesse previsto che Da Ponte avrebbe visto i sorci verdi con uno come Amadé, pronto a questionare su una virgola fuori posto.