Il dibattito sul progresso delle scienze a partire da Diderot, grande padre dell’Encyclopedie

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona.» Così scrive nell’Interpretazione della natura Denis Diderot (Langres, 5 ottobre 1713 – Parigi, 31 luglio 1784), libero pensatore, filosofo, enciclopedista, scrittore e critico d’arte francese.

Tra i massimi rappresentanti dell’Illuminismo e uno degli intellettuali più brillanti del XVIII secolo, amico e collaboratore di Voltaire e del barone d’Holbach, fu promotore, direttore editoriale ed editore dell’Encyclopédie. Si avvalse  inizialmente dell’importante collaborazione di d’Alembert, ma sarà lui a dirigere l’opera, portandola avanti sino all’uscita degli ultimi volumi nel 1772. Un ‘impresa straordinaria ma anche un’irrinunciabile battaglia politica e culturale che sostenne pressoché da solo, quando nel 1759 essa finì nel mirino della censura del Parlamento di Parigi e di papa Clemente XIII, che la inserì nell’Indice dei libri proibiti, ordinando ai cattolici, sotto minaccia di scomunica, di consegnare ai vescovi le copie in loro possesso, affinché venissero bruciate.

Voltaire, dall’esilio nella sua proprietà di Ferney, soccorse Diderot, proponendolo come accademico di Francia, incarico che lui rifiutò, e difendendolo pubblicamente dal giornalista anti-illuminista Élie Fréron.

Per Diderot l’Enciclopedia era un progetto di straordinaria importanza perchè doveva servire a diffondere il sapere all’esterno della tradizionale cerchia culturale, come una nuova «paideia», un’educazione per il popolo, non solo per nobili e alto-borghesi.

Oltre al colossale lavoro enciclopedico e alle pubblicazioni anonime per aggirare la censura, Diderot scrisse numerose opere filosofiche e teatrali, romanzi, articoli e saggi su disparati argomenti, occupandosi di arte, storia, politica e società.

Venne anche incarcerato nel castello di Vincennes, dove trascorse 103 giorni di prigionia -dal 22 luglio al 3 novembre 1749- per la Lettera sui ciechi ad uso di coloro che vedono, un vero e proprio manifesto dell’ateismo.

In seguito pubblicherà solo in forma anonima o sotto pseudonimi alcuni dei suoi articoli di argomento scottante. Tra le sue opere, si possono ricordare i fondamentali saggi filosofici L’interpretazione della natura (1753) e il Sogno di d’Alembert (1769), i romanzi La monaca (1760) e Jacques il fatalista e il suo padrone (1773), il dialogo Il nipote di Rameau (1762); le opere teatrali Il figlio naturale (1757) e Il padre di famiglia (1758), nonché il trattato La poésie dramatique, mentre il Paradosso sull’attore è ancora oggi una delle opere più importanti sull’arte della recitazione.

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona.» Così scrive nell’Interpretazione della natura Denis Diderot (Langres, 5 ottobre 1713 – Parigi, 31 luglio 1784), libero pensatore, filosofo, enciclopedista, scrittore e critico d’arte francese. Tra i massimi rappresentanti dell’Illuminismo e uno degli intellettuali più brillanto del XVIII secolo, amico e collaboratore di Voltaire e del barone d’Holbach, fu promotore, direttore editoriale ed editore dell’Encyclopédie. Si avvalse  inizialmente dell’importante collaborazione di d’Alembert, ma sarà lui a dirigere l’opera,  scrivendo circa 1500 voci, spesso anonime, che porterà avanti quasi da solo l’impresa, sino all’uscita degli ultimi volumi nel 1772. Un ‘impresa straordinaria di cui Diderot sarà il più infaticabile artefice, scorgendo in essa un’irrinunciabile battaglia politica e culturale che sostenne pressoché da solo, dopo la defezione di Jean d’Alembert nel 1759, quando l’Enciclopedia finisce nel mirino della censura del Parlamento di Parigi, con l’approvazione di Luigi XV, e papa Clemente XIII, intanto la inserisce nell’Indice dei libri proibiti, ordinando ai cattolici, sotto minaccia di scomunica, di consegnare ai vescovi le copie in loro possesso, affinché venissero bruciate. Voltaire, dall’esilio nella sua proprietà di Ferney, soccorre Diderot, proponendolo come accademico di Francia, ma lui declina; nel frattempo difende comunque l’amico, attaccato pubblicamente dal giornalista anti-illuminista Élie Fréron. Per Diderot l’Enciclopedia era di straordinaria importanza perchè doveva servire a diffondere il sapere all’esterno della tradizionale cerchia culturale, come una nuova «paideia», un’educazione per il popolo, non solo per nobili e alto-borghesi e il progetto lo appassionava così tanto che lo portò a compimento nonostante i numerosi ostacoli.

Oltre al colossale lavoro enciclopedico e alle pubblicazioni anonime per aggirare la censura, Diderot scrisse numerose opere filosofiche e teatrali, romanzi, articoli e saggi su disparati argomenti, occupandosi di arte, storia, politica e società.

Venne anche incarcerato nel castello di Vincennes per la Lettera sui ciechi ad uso di coloro che vedono, un vero e proprio manifesto dell’ateismo, e trascorrerà centotré giorni di prigionia, dal 22 luglio al 3 novembre 1749 per essere liberato per le intercessioni di alcuni amici presso le autorità di sicurezza.

In seguito pubblicherà solo in forma anonima o sotto pseudonimi alcuni dei suoi articoli di argomento scottante. Tra le sue opere, si possono ricordare i fondamentali saggi filosofici L’interpretazione della natura (1753) e il Sogno di d’Alembert (1769), i romanzi La monaca (1760) e Jacques il fatalista e il suo padrone (1773), il dialogo Il nipote di Rameau (1762); le opere teatrali Il figlio naturale (1757) e Il padre di famiglia (1758), nonché il trattato La poésie dramatique, mentre il Paradosso sull’attore è ancora oggi una delle opere più importanti sull’arte della recitazione.



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