Una mostra, un convegno e un saggio dedicati in Gran Loggia a Ettore Ferrari (1845 –1929), Gran Maestro, celebre scultore e pittore, dalla straordinaria passione civile che guidò la Comunione dal 1904 al 1917. “Un viaggio tra arte, politica e massoneria”, quello proposto nella Sala Castello del Palacongressi di Rimini dal Servizio Biblioteca del Goi, attraverso l’esposizione di un’ampia selezione di documenti e fotografie provenienti oltre che dagli archivi del Goi anche da collezionisti privati, come il Gmo Bernardino Fioravanti, che ha fatto dono delle sue carte al Grande Oriente, proprio in questa occasione.
Dopo il taglio del nastro da parte del Gran Maestro Stefano Bisi, è seguita la tavola rotonda, nel corso della quale è stato presentato il volume, edito da Mimesis, di Elisabetta Cicciola Ettore Ferrari Gran Maestro e artista tra Risorgimento e Antifascismo, il primo lavoro promosso dalla Fondazione Grande Oriente d’Italia Onlus che, ha tra le sue attività istituzionali anche quella di valorizzare gli scritti e gli archivi di particolare interesse storico, curandone la conservazione e rendendoli accessibili alla Comunione massonica e agli studiosi interessati. E il saggio su Ferrari è cresciuto proprio all’interno del Servizio Biblioteca- che ha festeggia con la pubblicazione di quest’opera anche i suoi venti anni. Un’opera che è, come ha spiegato Fioravanti, un prezioso lavoro di scavo, recupero e studio delle carte di Ferrari che getta nuova luce su questa importantissima figura di massoneria e sulla Libera Muratoria dei primi del Novecento. All’interessantissimo incontro, moderato da Fioravanti, e durante il quale è stato anche trasmessu un radiodramma, che ha sintetizzato la vicenda umana e massonica di Ferrari, sono intervenuti l’autrice e i professori Gian Mario Cazzaniga, Santi Fedele e Francesco Gallo Mazzeo e il Gran Maestro Stefano Bisi. Riportiamo di seguito la sua prefazione al volume.
PREFAZIONE
Il volume Ettore Ferrari Gran Maestro e artista fra risorgimento e antifascismo. Un viaggio nelle carte del Grande Oriente d’Italia è il primo lavoro promosso dalla Fondazione Grande Oriente d’Italia Onlus che ha tra le sue attività istituzionali anche quella di valorizzare gli scritti e gli archivi di particolare interesse storico, curandone la conservazione e rendendoli accessibili alla Comunione massonica e agli studiosi interessati.
Le Carte Ettore Ferrari, collocabili tra il 1866 e il 1929 e di proprietà del Grande Oriente d’Italia, sono conservate a Villa Il Vascello, una dimora storica sul Gianicolo ricca di aneddoti e di tradizioni legate al nostro Risorgimento. La Villa è stata oggetto di recenti e opportuni lavori di restauro iniziati dalla precedente Giunta e che proseguono con l’attuale che hanno contribuito a recuperare tutta la sua bellezza e fascino, motivo di orgoglio per i ventitremila Fratelli della più antica e gloriosa Comunione massonica italiana. I lavori di ristrutturazione hanno riguardato anche gli archivi che rappresentano il patrimonio storico-culturale dell’Ordine e che sono stati tolti dagli scantinati umidi e polverosi e trasferiti in nuovi locali più idonei, dotati di librerie realizzate su misura. Un trasferimento preceduto da un meticoloso lavoro di riordino e di ricondizionamento del materiale nel rispetto degli standard scientifici e di conservazione; lavoro che proseguirà nel tempo sino a quando non saranno ordinati e ricondizionati tutti i documenti prodotti o collezionati dal Grande Oriente d’Italia.
L’inventario delle Carte Ettore Ferrari, oggetto di questa pubblicazione, si caratterizza per essere un utile strumento di lavoro poiché fornisce al lettore una descrizione puntuale del contenuto dei documenti e dei fascicoli ed è preceduto da un saggio storico impreziosito da note di ricerca che ricostruiscono sia la complessa e ricca biografia di Ferrari che la storia della Massoneria giustinianea e dei suoi protagonisti; una ricostruzione ancorata alle fonti che spesso fanno emergere nuovi elementi da approfondire. Tra Ottocento e Novecento, Ferrari fu, a tutti gli effetti, un punto di riferimento importante per il nostro paese sia come referente di molte associazioni repubblicane che come artista e per la nostra Comunione fu una guida autorevole e coraggiosa, promuovendo battaglie in favore della laicità, della scuola pubblica e del suffragio universale, condotte sempre in prima linea. Ecco cosa scrisse nel suo testamento massonico, in quello che
noi massoni chiamiamo “Gabinetto di riflessione”, la sera del 10 giugno 1881, prima di essere iniziato nella Loggia Rienzi di Roma:1° Domanda – Che cosa dovete all’umanità?Risposta –Stimo mio stretto dovere di affrontare ogni sacrificio pel bene dell’umanità, e di dedicarmi con ogni forza al suo incessante miglioramento. 2° Domanda – Che cosa dovete alla patria?Risposta –Mente, cuore, averi, vita – tutto.3° Domanda – Che cosa dovete a voi stesso?Risposta –Costante educazione di rendermi miglioreE. Ferrari
Convinzioni che non rimasero solo parole, ma che si trasformarono in fatti concreti che lo portarono a difendere l’Ordine e a proseguire i lavori del Supremo Consiglio anche nei momenti più difficili durante le persecuzioni e le violenze perpetrate dai fascisti con parole che inneggiavano sempre alla speranza. Ecco, ad esempio, cosa scrisse in una circolare agli Ispettori e alle Camere Superiori, all’indomani dell’assassinio di Giacomo Matteotti:Il martirio non è sterile mai! Come scrisse Giuseppe Mazzini: il martirio per un’idea è la più alta forma che l’io umano possa raggiungere ad esprimere la propria missione; e quando un giusto sorge di mezzo ai suoi fratelli giacenti, ed esclama: – Ecco, questo è il vero, ed io, morendo, l’adoro, – uno spirito di vita nuova si trasfonde per tutta quanta l’umanità.Così la tragedia di palazzo Accursio arrestò di colpo la marcia bolscevica e creò il fascismo; così l’orroroso eccidio di Giacomo Matteotti metterà una barriera all’ulteriore dilagare della immoralità, della violenza selvaggia, dell’oppressione a liberi spiriti.Salutiamo con core commosso le vittime generose: inchiniamoci alla loro grande maestà; esse schiudono la porta dell’avvenire, e l’avvenire non può essere “degli uomini onesti, dei patrioti disinteressati, dei caratteri saldi, delle coscienze non inquiete”.Auspicando a un vero rinnovamento degli animi, io vi invito a guardare con fiducia all’avvenire; e vi ricordo le parole pronunciate il 10 marzo 1849 dal maestro alla costituente romana: – “Il governo deve circondarsi di uomini puri e incolpabili. Noi perdoneremo tutto al governo: errori d’intelletto, se ne farà; tutto, fuorché il circondarsi di uomini che non erano puri.La moralità è l’anima delle grandi imprese. La libertà è garanzia di indipendenza. La democrazia è ormai condizione di vita. La pace e l’amore tra i nati della stessa terra sono necessari allo sviluppo dei popoli, come al corpo è necessario l’ossigeno.Fratelli miei, sereni e irremovibili nella fede giurata, propagandate, amate, sperate! (Circolare agli Ispettori e alle Camere Superiori ripubblicata in G. Leti, 1932, pp. 69-70).
Ferrari non perse il suo indomito coraggio, nemmeno la sera del 31 ottobre 1924, quando insieme con gli altri Dignitari del Supremo Consiglio, riuniti nel suo studio a Palazzo Giustiniani subirono un tentativo, l’ennesimo, di irruzione da parte di facinorosi fascisti i cui animi erano stati infiammati dal capo del governo che aveva appena finito di tenere il suo comizio conclusivo all’Augusteo per le celebrazioni del secondo anniversario della marcia su Roma. Nonostante la gazzarra che si era creata nelle strade intorno a Palazzo Giustiniani, gli alti clamori, le grida di abbasso e di morte, i feriti e il tentati vo di alcuni di penetrare all’interno del palazzo, Ferrari rimase calmo e sereno, indifferente a quanto stava accadendo di fuori e agli altri Dignitari disse: Che fate, fratelli miei? L’ordine del giorno non è esaurito; sedete, procediamo nei nostri lavori! Giuseppe Leti ricorda che quella sera tutti tornarono a sedersi di nuovo attorno a lui, ammirando l’esempio di forza morale e di fiducia in sè stesso che ci dava il vecchio capo (G. Leti, 1932, pp. 70-71). Si prevedeva che presto le Camere superiori e le Logge avrebbero dovuto cedere alla violenza degli avversari, ma Ferrari non mancò di portare la sua parola ai Fratelli delle province fino a quando gli fu consentito di viaggiare da solo o con gli altri Dignitari del Supremo Consiglio, ripetendo spesso questa frase: noi siamo di coloro che non mutano al mutar di fortuna, che non piegano, e che non disperano.
Ecco chi era Ettore Ferrari, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia dal 1904 al 1917 e Sovrano Gran Commendatore del Rito Scozzese dal 1918 sino alla morte avvenuta nel 1929 che non lo colse impreparato, lasciandogli il tempo di trasferire i suoi poteri al Luogotenente Giuseppe Leti che con Alessandro Tedeschi costituì il Grande Oriente d’Italia in esilio, ma questa è un’altra storia.
Stefano Bisi
Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia