“La Commedia è un’opera di finzione, ma in età medievale non esistono altre opere di finzione che registrino in modo così sistematico, tempestivo e quasi puntiglioso fatti della storia, della cronaca politica, della vita intellettuale e sociale contemporanei. E, per di più, senza temere di addentrarsi in retroscena noti solo per sentito dire o in quello che oggi chiameremmo gossip politico e di costume. Per molti aspetti, assomiglia agli odierni instant-book.” Il libro di Marco Santagata “Dante. Il romanzo della sua vita” costituisce, nello scenario della letteratura dantesca, una novità. Perché è, prima di tutto, l’appassionato racconto, il “romanzo” appunto, della tormentata e semisconosciuta esistenza di un uomo dall’io smisurato, che si sentì sempre “diverso e predestinato”, che in ogni amore e in ogni lutto, nella sconfitta politica e nell’esilio, e in particolare nel proprio talento, scorse “un segno del destino, l’ombra di una fatalità ineludibile, la traccia di una volontà superiore”. Ed è, insieme, il documentato ritratto di un Dante profondamente calato nella vita pubblica e culturale della sua città, Firenze, e nelle complesse dinamiche della storia italiana tra Due e Trecento. Grazie al sapiente intreccio di vicende storiche e private, Santagata raggiunge il duplice obiettivo di ricomporre il quadro più completo possibile del Dante padre di famiglia, filosofo, poeta, uomo di partito e di corte, e analizzare ogni sua opera alla luce del contesto storico e biografico.