260 anni fa nasceva Giandomenico Romagnosi, filosofo, giurista, patriota e libero muratore

“L’etica, la politica ed il diritto si possono bensì distinguere, ma non disgiungere. […] Non esiste un’etica pratica, se non mediante le buone leggi e le buone amministrazioni.” Sono le parole di Giandomenico Romagnosi, l’illustre giurista, filosofo, economista e accademico italiano, nonché libero muratore nato l’11 dicembre di 260 anni fa a Salsomaggiore. Considerato tra i massimi esponenti dell’Illuminismo in Italia studiò i fattori storici e sociali che sono alla base dell’evoluzione della civiltà. Professore di diritto penale a Parma e poi di diritto civile, fu chiamato a Milano dal governo del Regno Italia per collaborare alla stesura del codice di procedura penale. Nel 1821 fu arrestato per il suo coinvolgimento nei moti carbonari contro gli austriaci.

Iniziato alla Libera Muratoria fu membro della loggia Reale Giuseppina di Milano e ricoprì la carica di Grande Oratore Aggiunto del Grande Oriente d’Italia. Morì nel 1835, assistito dal suo allievo Carlo Cattaneo, al quale dettò il suo testamento e affidò  i suoi  manoscritti inediti.

Il mensile “L’Acacia Massonica” del 1949 pubblica in due uscite “I Discorsi Libero-Muratorii di Gian Domenico Romagnosi”.

Di questi il discorso “Per un’iniziazione”, del 6 giugno 1807, contiene l’appello all’elevazione morale quale atto di eroismo pacifista. E in esso Romagnosi spiega che “Il vero Massone appartiene agli Eroi della pace….” E che  “La sua gloria è quella d’una serie di azioni gagliarde e utili alla specie umana”, perché il “massone è chiamato a procurare la felicità della specie umana, promuovendo ed accelerando il perfezionamento intellettuale, morale e politico della medesima”.



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