02 FEBBRAIO 2022
di Francesco Pullia
Un’inchiesta avviata nell’autunno 1992 da Agostino Cordova, allora a capo della Procura della Repubblica di Palmi, successivamente procuratore a Napoli. Perquisizioni, a cominciare da Villa Il Vascello di Roma, sede del Grande Oriente d’Italia, faldoni sequestrati insieme a computer nella forsennata ricerca degli elenchi, tra l’altro mai tenuti segreti, con i nomi di rispettabilissimi cittadini facenti parte delle logge, a seguire interrogatori. Un clima persecutorio, alimentato da teoremi argillosi e rivelatisi vere e proprie farneticazioni, un accanimento giudiziario cui non sono stati estranei il mondo politico e quello, con rare eccezioni, della cosiddetta informazione. Commissioni parlamentari approdate, con sperpero di denaro pubblico, a nulla di fatto e soprattutto, ciò che è più grave, la mortificazione del dettato costituzionale, della libertà individuale, dei diritti civili.
Stefano Bisi, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, ha dedicato a quel periodo decisamente critico e difficile nella storia del Paese un libro che in modo semplice e lineare ricostruisce le fasi di una vicenda risoltasi, a dirla in modo semplice ma efficace, in una bolla di sapone non senza il lascito, però, di pesanti strascichi nell’opinione pubblica.
“Il biennio nero 1992-93. Massoneria e legalità trent’anni dopo”, edito da Perugia libri (info@perugialibri.it) parte dall’avvio dell’indagine mirante a screditare la più antica comunione massonica italiana, che ha come corollario la sentenza di condanna nei confronti dello stesso magistrato inquirente al pagamento e le spese processuali a favore del GOI.
Da queste pagine, che nonostante la complessità dei fatti descritti risultano scorrevoli, si evince in modo netto come certi impianti accusatori siano ispirati dall’annosa idiosincrasia e dalla preconcetta avversione, da parte di schieramenti fortemente ideologizzati e/o rispondenti a visioni di fondo clericali e oscurantiste, nei confronti del libero pensiero e di chiunque si batta per garantire l’affrancamento individuale e collettivo dalle morse di ogni forma di totalitarismo. Anche se i danni morali e materiali e le ferite, come scrive Bisi, restano, la verità non va tuttavia in prescrizione, resiste, si afferma, prevale su qualsiasi tipo di preclusione, occultamento, intolleranza.