La Massoneria non molla su Palazzo Giustiniani. Costretti a traslocare dalla
storica sede romana, prima dal Fascismo, nel ’26, poi nell”85, per cedere i
locali al Senato della Repubblica, i massoni italiani tornano alla carica per
rimettere piede e dottrina sul ‘Piccolo Colle’. A quanto apprende
l’AdnKronos infatti nelle scorse settimane al presidente del Senato, Ignazio
La Russa, il gran maestro del Grande Oriente d’Italia Stefano Bisi ha inviato
una lettera in cui torna a chiedere di “sanare un’ingiustizia nei confronti del
Goi che perdura da decenni”. Nella missiva si ricorda come “nonostante gli
impegni consacrati anche in atti pubblici non ci sono stati consegnati i locali
di Palazzo Giustiniani da adibire a museo per testimoniare, come disse nel
1988 il suo predecessore professor Giovanni Spadolini, la partecipazione
dei massoni al Risorgimento italiano”.
Per il Goi ora serve “un ragionevole accordo e per questo confidiamo nella
Sua sensibilità istituzionale affinché possa concederci un incontro per
chiarire tutti gli aspetti di una annosa e spiacevole vicenda”. Dal Senato
interviene il questore Gaetano Nastri. “I rapporti tra Senato della Repubblica
e la società Urbs srl – spiega il senatore di Fdi – sono da decenni oggetto di
controversie all’attenzione delle autorità giurisdizionali competenti”. “Il
Senato è rappresentato dall’Avvocatura Generale dello Stato”, ricorda
Nastri. Da parte sua Bisi ribadisce di “avere piena fiducia nelle istituzioni
repubblicane, e nel Senato”.
Ma per ora nessuna schiarita per una vicenda complessa, una querelle che
negli anni ha tenuto banco. In occasione dell’assemblea annuale del Goi, l’8
aprile dello scorso anno, dal palco di Rimini Bisi aveva detto: “Speriamo di
avere giustizia per Palazzo Giustiniani, il Tar del Lazio non ci ha dato
ragione, ma neppure torto. Il 13 ottobre di quest’anno saremo davanti al
Consiglio di Stato”. Per il capo delle Logge “le carte parlano chiaro, a
vantaggio nostro e a Palazzo Giustiniani possiamo tornare”. “Lo scippo va
sanato. E così sarà”, aveva detto ai suoi, mostrando ottimismo. Il gran
maestro faceva riferimento all’atto di transazione del 16 novembre del 1991
che – in sintesi – stabiliva che si sanava il contenzioso aperto tra massoni e
Stato, arrivando a “consentire l’uso di una limitata porzione dei locali” di
Palazzo Giustiniani “per destinarli a sede del Museo storico della
Massoneria italiana”, dando applicazione al cosiddetto Lodo Spadolini.
Sede storica degli iscritti alla squadra e al compasso, Palazzo Giustiniani fu
la location scelta dal gran maestro Ernesto Nathan, poi sindaco di Roma,
inaugurata il 21 aprile del 1901 – costo di affitto pari a 11mila lire annue –
con una grande cerimonia pubblica.
Poi fu Mussolini a cacciare il Goi, a inizio del ’26, dal Palazzo, nel frattempo acquistato dai massoni, e a darlo in proprietà al demanio che lo assegnò al Senato del Regno. Con il Duce le
cose si misero subito male. Prima arrivò il divieto di iscriversi alla massoneria
per i fascisti, poi a novembre del ’25, la legge 2029 vietò agli aderenti alle
logge di accedere a cariche pubbliche, mettendo definitivamente al bando
la ‘Libera Muratoria’. Palazzo Giustiniani, trascorsi poche settimane, fu
confiscato dallo Stato.
Nel giugno del 1944, dopo la Liberazione, i massoni occuparono
nuovamente alcuni ambienti di Palazzo Giustiniani. Dopo la sconfitta del
nazi-fascismo, a partire dal 1947 il Grande Oriente d’Italia rivendicò la
proprietà del Palazzo, chiedendone la restituzione. I ‘liberi muratori’, negli
anni, le hanno provate tutte, a metà degli anni ’80 si appellano al lodo
Spadolini, caldeggiando un accordo con il Senato della Repubblica, di cui il
politico fiorentino era presidente: “Stop al contenzioso, ma lasciateci alcune
stanze come simbolo dell’Istituzione”, fu la proposta dell’allora Gran
Maestro Armando Corona.
Il progetto però restò sulla carta, complice anche la scomparsa dello stesso
presidente del Senato Giovanni Spadolini, morto nel ’94. I massoni
traslocarono a villa ‘Il Vascello’, al Gianicolo. Ma per loro la ferita resta
aperta, tra carte bollate e la speranza di tornare sul ‘Piccolo Colle’. Ora il
nuovo appello a La Russa. “Spero che il presidente La Russa sia degno
successore di un presidente importante come lo è stato Giovanni Spadolini,
e quindi che voglia dar seguito all’accordo firmato, che ancora non è stato
eseguito”, conclude Bisi.