In libreria “Il Fuoriuscito” di Marco Ventura dedicato a Angelo Fortunato Formiggini, editore ebreo e massone suicida contro le leggi razziali del 1938

Angelo Fortunato Formíggini, editore ebreo e massone, protagonista della cultura italiana degli anni Venti e Trenta, fu il primo suicida contro le leggi razziali e le persecuzioni del regime fascista. Si buttò dalla Torre della Ghirlandina di Modena il 29 novembre 1938.  Un gesto politico, come scrisse lui stesso alla moglie: «Non posso rinunciare a ciò che considero un mio preciso dovere. Io debbo dimostrare l’assurdità malvagia dei provvedimenti razzisti». Alla sua emblematica vicenda personale è dedicato il libro del giornalista e autore televisivo Marco Ventura “ll fuoruscito. Storia di Formiggini, l’editore suicida contro le leggi razziali di Mussolini” edito da Piemme con la prefazione di Aldo Cazzullo.

Visionario, ironico, un vulcano di idee e un impegno costante per la promozione del libro e della cultura, Formíggini era un intellettuale anomalo sotto tutti i punti di vista: si considerava un “fuoruscito”, estraneo a ogni consorteria, classe, razza, partito, e forse anche per questo la sua vita è tutt’ora avvolta in una sorta di congiura del silenzio. Fu lui a ideare l’Enciclopedia italiana, la cui paternità gli venne poi scippata dal grande avversario, Giovanni Gentile. E fu sempre lui a coniare la parola “editoria” e riviste e collane di successo, e a inventare la prima “biblioteca circolante”.

La biografia

Nato il 21 giugno 1878 figlio di una famiglia ebraica con antenati originari di Formigine, da cui presero il cognome, un tempo gioiellieri degli Estensi e poi finanzieri, frequentò il Liceo Galvani di Bologna ma ne venne espulso nel 1896 per aver scritto un poemetto dal titolo “La divina farsa. Ovvero la descensione ad inferos di Formaggino da Modena”, da lui fatto stampare e distribuito all’interno della scuola, nel quale, sulle orme di Dante, satireggiava professori e compagni. Frequentò la facoltà di Giurisprudenza, laureandosi con lode nel 1901. Si trasferì a Roma nel 1902 e si iscrisse alla facoltà di Lettere e filosofia, seguendo le lezioni di Antonio Labriola, aderì all’associazione studentesca Corda Fratres, e nel 1903 fu iniziato in Massoneria nella loggia Lira e Spada e nel 1904 divenne maestro.

Conobbe la pedagogista Emilia Santamaria, autrice di diverse opere e collaboratrice del periodico L’Italia che scrive, che sposò nel 1906. Tornato l’anno dopo a Bologna, conseguì la sua seconda laurea in filosofia morale con la tesi Filosofia del ridere, in cui afferma che “Ridere rende fraternamente solidali gli uomini” e che l’umorismo è “la massima manifestazione del pensiero filosofico”. L’esordio di Formiggini come editore risale al 31 maggio 1908, quando pubblicò due volumi ispirati ad Alessandro Tassoni (1565-1635), autore nel 1614 de La secchia rapita, di cui il secondo riportava la prefazione del suo amico Giovanni Pascoli.). Interventista, partì ufficiale volontario per il fronte di guerra nel 1915 ma fu presto congedato. Nel 1916 trasferì la Casa editrice a Roma, città di origine della moglie, trovando sede nei pressi di piazza Venezia. Nel 1918 ebbe un’iniziativa particolarmente moderna e originale per il tempo: quella di segnalare le novità librarie accompagnandole con i profili degli autori. Fondò L’Italia che scrive, un periodico mensile d’informazione libraria che, nei suoi intenti, doveva occuparsi di “tutte le principali questioni inerenti alla vita del libro italiano in quanto esse sono essenziali alla vita spirituale della nazione”. Contemporaneamente costituì una biblioteca dell’umorismo, battezzata la “Casa del Ridere”, raccogliendo qualunque materiale fosse attinente, dai libri alle riviste, alle stampe, ai quadri. Nel 1921 Formiggini fondò l’“Istituto per la Propaganda della Cultura Italiana” (IPCI), società della quale egli fu eletto amministratore dal consiglio direttivo formato da eminenti uomini di cultura. Il governo Mussolini trasformò l’Ipci con il Regio Decreto del 21 novembre 1921, in Ente Morale, e successivamente lo rinominò Fondazione Leonardo per la Cultura Italiana su proposta di Giovanni Gentile, ministro della Pubblica Istruzione. Fu in questo ambito che Formiggini propose di dar vita a una Grande Enciclopedia Italica in 18 volumi, un’iniziativa che fu bloccata da Gentile che costrinse Formiggini a dimettersi dalla Fondazione, rinunciando anche al controllo del suo periodico L’Italia che scrive. Il brillante editore modenese non si diede per vinto e nel 1923 pubblico La ficozza filosofica del fascismo e la marcia sulla Leonardo. La ficozza, in dialetto romanesco, è il bernoccolo che spunta sulla testa in conseguenza di un colpo ricevuto: per lui, Gentile era il colpo e l’escrescenza cresciuta sulla testa del fascismo. Il libro fu insieme un bilancio della sua attività, una satira anti-gentiliana e uno sfogo, ironico e amaro, per la prepotenza subita. Continuò a produrre nuove collane: nel 1923 fu la volta delle Apologie, profili di dottrine filosofiche e religiose, nelle quali uscirono il Cattolicismo di Ernesto Buonaiuti, il Taoismo di Giuseppe Tucci, l’Ebraismo di Dante Lattes, l’Islamismo di Laura Veccia Vaglieri, l’Ateismo di Giuseppe Rensi e altri otto titoli. L’anno dopo fu la volta delle Medaglie, monografie di personaggi contemporanei: le pubblicazioni furono travagliate in quanto ebbero come oggetto personalità sgradite al regime, come Luigi Albertini, Giovanni Amendola, Filippo Turati e Luigi Sturzo che dovettero essere ritirate dalle librerie. Fra le Medaglie, il Mussolini di Giuseppe Prezzolini non ebbe invece problemi. Nel 1926 apparvero le Cartoline parlanti, vere e proprie cartoline con fotografie di personaggi della cultura accompagnate da un motto. Formiggini fu un vulcano d’idee: nuove collane furono le Lettere d’amore, le Polemiche, le Guide radio-liriche (12 numeri), l’ Aneddotica (21 volumi) e il Chi è? Dizionario degli italiani d’oggi (1928-31), schede biografiche di noti personaggi viventi, che ebbero molto successo. Scritto da lui stesso fu invece il Dizionarietto rompitascabile degli editori italiani, pubblicato da Mondadori e ristampato da Formiggini in una seconda edizione ampliata nel 1928. Gli anni trenta segnano per la sua azienda di Formiggini un momento di rapido declino. La casa editrice viene trasformata nella Società Anonima Formiggini. Nel 1937, il regime gli confisca la casa che aveva nei pressi del Campidoglio a Roma. Il 1938 è l’anno del Manifesto della Razza e delle leggi razziali, un anno di disillusione per l’intellettuale modenese, la cui vicenda umana s’interrompe in modo tragico, dopo il volo dalla torre della cattedrale di Modena.



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