“Le dittature serrano i cuori”. Il 7 novembre presentato il libro del Gm Bisi alle “Giubbe Rosse” di Firenze/Video

E’ stato presentato giovedi 7 novembre nello storico Caffè Letterario “Giubbe Rosse” in piazza della Repubblica a Firenze dal giornalista Nicola Novelli, direttore di Nove.Firenze.it, quotidiano on line fondato nel 1997 l’ultimo saggio del Gran Maestro Stefano Bisi “Le dittature serrano i cuori”, edito da Betti, che ricostruisce una pagina importante della storia dell’Italia attraverso la vicenda di Giovanni Becciolini, libero muratore catturato e trucidato a Firenze dalle camicie nere a caccia degli iscritti al Grande Oriente d’Italia nella notte di San Bartolomeo del 1925.

L’approccio del libro è giornalistico, ha sottolineato Novelli, e suona come un invito agli storici ad approfondire quel momento che vide il capoluogo toscano trasformarsi in un teatro di violenza selvaggio. Bisi, ha aggiunto, è andato a recuperare la documentazione disponibile, ha ridato voce ai testimoni di quei drammatici giorni. E il racconto che ne viene fuori è intenso e suscita grande emozione tanto che sembra di rivivere gli assalti alle case degli antifascisti, ai loro studi professionali e persino di sentire l’odore del fumo dei roghi…

Quella notte, ha tenuto a precisare Bisi nel suo intervento ci furono anche altre due vittime. Mentre Becciolini moriva, un altro gruppo, si recava a casa dell’avvocato Gustavo Console, socialista e corrispondente dell’Avanti, anche lui massone. Console, sorpreso, si dice, durante una tornata massonica nella sua abitazione, venne assassinato a colpi di pistola. Pochi giorni prima, aveva inviato a Pietro Nenni una lettera molto dura di denuncia del clima che si respirava a Firenze conservata negli Archivi della Camera. Il terzo obiettivo della rabbiosa furia fascista esplosa in città in tutta la sua virulenza fu l’ex deputato e mutilato di guerra, Gaetano Pilati, anche lui libero muratore, figura di spicco del socialismo fiorentino. Ferito gravemente, morì dopo tre giorni di agonia all’Ospedale di S. Maria Nuova.

Il volume è stato al centro di un incontro che si è tenuto a Roma il 30 ottobre presso la Fondazione per il Giornalismo Paolo Murialdi e al quale hanno partecipato i giornalisti Marco Frittella, Fabrizio D’Esposito, Michele Lembo e Giancarlo Tartaglia.Il 14 novembre alle 17.30 se ne parlerà al Caffè del teatro Politeama di Poggibonsi nel corso di un evento al quale interverrà il giornalista David Taddei.

La tragica vicenda di Becciolini

Giovanni Becciolini, libero muratore catturato e trucidato a Firenze dalle camicie nere a caccia degli iscritti al Grande Oriente d’Italia nella notte di San Bartolomeo del 1925. Becciolini, che era intervenuto in aiuto di quest’ultimo aprendogli una via di fuga e mettendolo in salvo,finito in trappola venne trascinato presso la sede del fascio, dove fu accusato della morte di Giovanni Leporini, uno degli squadristi rimasto ucciso da un colpo di pistola, esploso durante la colluttazione da un suo camerata mai individuato. Sottoposto a processo sommario, selvaggiamente seviziato, Becciolini fu massacrato presso i cancelli dei Mercati Centrali. Aveva solo 26 anni, e il suo corpo, di cui era stato fatto scempio, fu esposto all’orrore della folla.

Nell’approssimarsi del centenario di quel tragico episodio Bisi ha voluto rendere omaggio a questo fratello e agli altri martiri di quella tragica notte ricostruendo la cronaca di ciò che avvenne, raccontando  le conseguenze devastanti che ebbe sulla sua famiglia. La moglie Vincenza Di Mauro e il figlio Bruno furono costretti a lasciare l’Italia, trovando rifugio tra Francia e Svizzera. Una storia che, dice Bisi, sembra davvero un romanzo. Il romanzo di un eroe moderno, un uomo, che pagò con la vita l’orgoglio di essere massone e di credere neimprincipi e nei valori della Libera Muratoria, primo fra tutti quello della fratellanza. Una figura di Massone che il Goi ha sottratto al silenzio conferendogli durante la Gran Loggia del 2015 il titolo di Gran Maestro Onorario alla memoria, onorificenza consegnata al figlio Bruno proprio da Bisi che allora era alla guida della Comunione. Le spoglie di Becciolini risposano nel cimitero di Trespiano. E sulla sua tomba è incisa la frase, che ispira il titolo del libro di Bisi, che rimane un monito per le generazioni future: “Ucciso nell’adempimento di un alto dovere di  fraterna solidarietà in un triste ritorno di oscura barbarie da questa tomba che ne racchiude le spoglie mortali ammonisce i viventi che le dittature serrano i cuori ad ogni nobile sentimento e che solo nella libertà e la serenità e la gioia del vivere la certezza nel divenire delle genti”.. La lapide è stata restaurata qualche anno fa proprio su iniziativa dei fratelli dell’officina a lui intitolata e dalla loggia Avvenire di Firenze erede della loggia Lucifero, cui apparteneva. Becciolini era nato a Firenze nel 1899. Non ebbe un’infanzia facile, perché dopo la nascita venne abbandonato presso “Istituto degli Innocenti”, l’orfanotrofio di Piazza Santissima Annunziata. Quando il padre lo ritrovò, lo riportò con sé a Poggibonsi, in provincia di Siena, presso una famiglia di contadini che si impegnò a prendersi cura del piccolo. A sei anni venne iscritto alla scuola dei Salesiani, considerate all’epoca tra le più rinomate di Firenze, dove si distinse subito per il suo ingegno brillante e il suo senso di grande lealtà. A 18 anni si arruolò come volontario nel 84º Reggimento Fanteria a Firenze ed andò in prima linea in Trentino. Terminata la Grande Guerra, scelse di restare nell’esercito, con il grado di luogotenente e, a vent’anni, fu inviato in Africa del Nord, dove partecipò ad audaci azioni militari in Tripolitania. Per il coraggio dimostrato in ricevette una medaglia al Valor Militare. Becciolini fu iniziato, nel 1922, nella Loggia Galileo Galilei di Firenze e nel 1925, anno della sua uccisione, ricopriva il ruolo di segretario della loggia Lucifero del Grande Oriente d’Italia.

Nel frattempo, Giovanni aveva sposato Vincenza di Mauro con la quale aveva avuto un figlio, Bruno. Sul luogo del suo feroce omicidio il Comune di Firenze nel 1980 ha posto una lapide in ricordo del martirio. Successivamente a Becciolini la città ha dedicato anche una strada. Attualmente in seno al Goi due sono le logge che gli sono state dedicate, una all’Oriente di Ravenna e l’altra all’Oriente di Novara. Il 1925, anno della barbara uccisione di Becciolini, fu uno dei più drammatici per il Grande Oriente d’Italia.

Le Giubbe Rosse, Firenze e l’elite culturale italiana

II locale fu fondato nel 1897, dopo la fine dei lavori al nuovo stabile, come “birreria Reininghaus”, da due fratelli produttori di birra di origine tedesca. Secondo la moda viennese del tempo, i camerieri indossavano giubbe rosse, tanto che i fiorentini, trovando difficoltà nel pronunciare il nome straniero del caffè, preferivano dire: «andiamo da quelli delle giubbe rosse». All’inizio il caffè ospitava un circolo scacchistico dove sarebbero passati diversi appassionati di scacchi: Vladimir I, Lenin, e anche poeti ed intellettuali tra i quali Gordon Craig, André Gide, Medardo Rosso.

L’importanza del locale è tuttavia legata all’epoca del Futurismo e di Lacerba, de La Voce e del Leonardo, quando il caffè divenne il più vivace cenacolo letterario e artistico di Firenze. Fu teatro per esempio della rissa tra i futuristi milanesi di Marinetti e gli artisti fiorentini raccolti intorno alla rivista La Voce, sulla quale Ardengo Soffici pubblicò un articolo che attaccava i rivali futuristi. Mantenne questo carattere fino all’ultima guerra, quando ai suoi tavoli si incontravano i rappresentanti dell’Ermetismo, attorno a Eugenio Montale, e i giovani pittori fiorentini, intorno a Ottone Rosai e Primo Conti. Caffè letterario per eccellenza, dagli anni della sua nascita a oggi ha visto sedere ai suoi tavolini personalità quali Giovanni Papini, il massone e grande esoterista Arturo Reghini, il cui sessantesimo anniversario della morte è stato commemorato proprio qui il primo luglio 2006. E ancora Ardengo Soffici, Aldo Palazzeschi, Dino Campana, Elio Vittorini, Tommaso Landolfi, Antonio Bueno, Silvio Loffredo e molti altri. Fino alla soglia degli anni 2010 aveva le pareti interamente coperte da foto, disegni e memorie dei suoi celebri frequentatori.

Poi la chiusura a seguito del fallimento della società che gestiva il locale e l’emissione da parte della locale  Soprintendenza di un vincolo che sottolinea come il locale “rappresenti una testimonianza tangibile dell’atmosfera e del fervore intellettuali che animavano Firenze nel corso del Novecento”, e costituisca di conseguenza “un forte valore identitario”. Infine l’apertura avvenuta nel giugno 2024 e la ripresa con la presentazione del libro di Bisi dell’attività culturale.

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