Agrippa e la sua magia secondo Arturo Reghini

E’ da poco uscito in libreria il volume a cura di Nicola Bizzi, Lorenzo Di Chiara e Luca Valentini (Aurora Boreale) “Agrippa e la sua magia secondo Arturo Reghini”. Quest’ultimo grande massone nato a Firenze il 12 novembre 1878 e morto il primo luglio del 1946 a Bologna, era studioso di esoterismo, matematico (si laureò a Pisa) e antifascista. Di Agrippa commenta l’opera che ripropone tutta la dottrina magico-sapienziale degli Arcani Vetusti, in cui si riverbera la valenza simbolica del serpente ouroborico dell’Hecate Celeste, una primordiale origine intellettiva ed iniziatica, esplicitazione cosmogonica di un’unica realtà noetica.

In tale prospettiva, le componenti sia filosofiche sia cultuali dell’evo antico già si connettevano direttamente ad una dimensione magico-teurgica così come rimanifestatasi nel platonismo rinascimentale, con cui costituivano un unicum sapienziale, che solo la miopia moderna ed accademica ha potuto sezionare analiticamente, smarrendo il senso comune della complementarietà delle parti. Nel rito segreto a cui allude Agrippa vi è la convergenza di un sapere filosofico ed intellettuale, rappresentato, per esempio, dai citati Plotino e Porfirio, con una propensione tipicamente ermetica con quella espressa sia da Giamblico che da Proclo, che si ritrovano nella Scuola Pitagorica e negli insegnamenti non scritti di Platone.

Nel 2017 è uscito il saggio Enrico Cornelio Agrippa e la sua magia a firma di Reghini per i tipi di Tipheret, tratto dalla introduzione alla prima edizione italiana del “De Occulta Philosophia” di Enrico Cornelio Agrippa di Nettesheim. Reghini lo compose intorno al 1926 ed è molto più di una semplice introduzione, appare piuttosto come un vero e proprio lavoro critico su Agrippa e il suo tempo. 



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