L’incontro promosso dall’Associazione nazionale volontari e reduci garibaldini, con il patrocinio della Cooperativa ‘Pensiero e Azione’ e della Società conservatrice del Capanno Garibaldi.
La storia di un grande Italiano, mazziniano nel solco della tradizione garibaldina risorgimentale. Più di 150 persone hanno seguito il convegno per il 40° anniversario della morte di Aldo Spallicci. Il medico, poeta, politico romagnolo è stato commemorato a Ravenna, nel palazzo dei congressi in Largo dei caduti, sabato 23 marzo. Filippo Raffi, componente della direzione nazionale dell’Associazione nazionale volontari e reduci garibaldini, Pietro Caruso, direttore del Pensiero Mazziniano rivista dell’Associazione Mazziniana Italiana, Antonio Castronuovo, direttore del periodico ‘La Piè’, Annita Garibaldi Jallet, presidente dell’Associazione nazionale volontari e reduci garibaldini ciascuno per la propria personale angolazione ha ripercorso la vita, le opere, la filosofia e lo spirito con il quale un garibaldino, mazziniano e repubblicano che molto ha dato alla creazione dell’identità culturale e sociale della Romagna. “Il pensiero di Spallicci – ha detto Filippo Raffi – è un cantiere aperto. “Spaldo”, come era chiamato dagli amici, aveva abbracciato da giovanissimo le idee mazziniane. Nel 1912, appena laureato in medicina, si arruolò volontario nella spedizione garibaldina che combatté a fianco della Grecia contro la Turchia. Spedizione guidata da Ricciotti Garibaldi, figlio del grande Giuseppe, l’Eroe dei Due Mondi, e nonno della prof.ssa Annita Garibaldi Jallet. Nel 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale, quando l’Italia era ancora neutrale, Spallicci accorse in Francia per arruolarsi nella “Legione Garibaldina” al fianco di Sante Garibaldi, papà di Annita Garibaldi Jallet.
Quando l’Italia il 24 maggio del 1915 entrò in guerra, Spallicci, desideroso che Trento e Trieste si riunissero alla madrepatria, si arruolò volontario e per tutto il conflitto operò quale ufficiale medico in trincea e nei posti medicazione allestiti dietro le linee di combattimento, tanto da meritarsi 3 croci di guerra. Durante il Fascismo, patì persecuzioni, carcere e confino. Nel 1944, fu uno degli speaker della radio della VIII Armata britannica, attraverso la quale diffuse programmi a sostegno della Resistenza. Deputato alla Costituente per il Partito Repubblicano, fu eletto due volte senatore ed ebbe incarichi di governo, che svolse con estrema modestia ed integrità morale”. “Uomo di grande cultura – ha proseguito l’ex Venerabile della Loggia ‘la Pigneta’ di Ravenna – è tuttora considerato il punto di riferimento dell’identità romagnola, sia sotto il profilo politico-amministrativo, sia sotto l’aspetto storico-letterario. Il pensiero politico di Spallicci è quanto mai attuale e all’avanguardia, tanto da anticipare temi che formano oggetto dell’odierno dibattito politico. Spallicci fu sempre contrario allo “stato accentrato napoleonico” e si batté per l’abolizione delle Provincie, propugnando, in seno all’assemblea costituente, l’autonomia amministrativa delle regioni. E spesso intervenne, anche in sede parlamentare, in difesa del patrimonio naturale (faunistico, botanico e paesaggistico) della sua terra. L’ambiente era per lui – e per noi – anche occasione di sviluppo. Al riguardo i suoi scritti anticipano il dibattito ecologista che anima la scena culturale contemporanea. Scriveva Spallicci: “Ci siamo allontanati troppo dalla natura, ci siamo smarriti per tortuosi sentieri, sì che pare abbiamo perso di vista il senso primo della vita”. Ma non solo. Spallicci fu uno straordinario poeta dialettale e uno dei suoi meriti è stato proprio quello di conferire al dialetto romagnolo la dignità di lingua letteraria, al pari di ogni lingua nazionale. Negli anni in cui esordiva come poeta, il dialetto era considerato la lingua “dei poveri e degli ignoranti”, incapace di esprimere sentimenti e finezze letterarie. Spallicci non la pensava così e ai detrattori rispondeva: “Se c’è da iscriversi all’elenco degli ignoranti e dei poveri, questa è la mia scelta”. “Ho deciso di cantare nel mio dialetto-madre perché in esso mi trovo più vicino all’anima delle cose, al cuore dell’uomo, a Dio”.
Fondò a Ravenna, nel 1959, la “Fratellanza Garibaldina”, formata dai discendenti e dai parenti dei garibaldini e dalle persone che condividono gli ideali garibaldini. Nel 1960 rifondò la rivista “Camicia Rossa” come periodico dell’Associazione Nazionale Veterani e Reduci Garibaldini. Fra i molteplici riconoscimenti ricevuti da “Spaldo”, nel Natale del 1959 gli fu assegnato il “premio della Bontà”. “Tutte le sue battaglie restano nella storia di costruzione della vita civile e del sentimento nazionale – ha concluso Filippo Raffi – o rivediamo ancora sulla nostra strada, Aldo Spallicci. Aprirci la via di casa, quella del cuore. E presidiare la terra che ci sfugge”. L’incontro, promosso dalla sezione ravennate dell’Associazione nazionale volontari e reduci garibaldini, con il patrocinio della Cooperativa ‘Pensiero e Azione’ e della Società conservatrice del Capanno Garibaldi, si è concluso con l’esibizione della corale Pratella-Martuzzi di Ravenna.