“Cultura significa anzitutto creare una coscienza civile, fare in modo che chi studia sia consapevole della dignità . L’uomo di cultura deve reagire a tutto ciò che è offesa della sua dignità, alla sua coscienza. Altrimenti la cultura non serve a nulla”. Lo disse Sandro Pertini intervistato da Oriana Fallaci per l’Europeo nel dicembre del 1973. E questa frase del presidente della Repubblica più amato dagli italiani è stato il filo conduttore sotto traccia del dibattito sul tema “Arte, Cultura, Società. Il Segno dei Tempi“ che si è tenuto al Vascello, organizzato dal Grande Oriente d’Italia, in occasione delle celebrazioni del XX Settembre, dedicate all’Arte della Bellezza e alla Bellezza dell’Arte. Sul palco il giornalista Andrea Purgatori, celebre per le sue inchieste e i suoi reportage su casi scottanti del terrorismo internazionale e italiano negli anni di piombo, sullo stragismo, oggi volto noto della Tv, conduttore su La7 di Atlantide; Umberto Croppi, presidente della Fondazione La Quadriennale di Roma, l’ente nato nel 1927 per promuovere l’arte italiana contemporanea, consulente per la comunicazione e il management culturale, e già presidente di Federculture servizi, assessore alle politiche culturali e alla comunicazione del Comune di Roma dal maggio 2008 fino al 2011; Gianfranco Maraniello, storico dell’arte e direttore del Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto; e il Gran Maestro Stefano Bisi, che ha concluso l’incontro. Tanti gli interrogativi affrontati nel corso dei dibattito, a partire dal significato di cultura, come motore di coscienza civile, e dell’importanza della memoria , che va custodita e trasmessa, come ha sottolineato Purgatori, che ha moderato il talk, e dalla necessità di ripensare, per quanto riguarda l’Italia al modo in cui liberarsi delle trappole e degli ostacoli che ci impediscono di valorizzare il nostro immenso patrimonio artistico e culturale.
Tra pubblico e privato
Croppi, che viene da una lunga esperienza politica, ha rimarcato che una formula sola non esiste per rilanciare i nostri beni culturali e che comunque il modello non può essere solo quello della gestione pubblica o solo quella della gestione privata, per molteplici ragioni. E ha ricordato che le ricadute economiche non si devono cercare solo sul numero dei biglietti staccati al botteghino di un museo. “Una società più colta -ha detto- produce meno conteziosi giudiziari, meno malattia, e sicuramente un maggiore benessere per tutti”.
La difficile missione dei musei d’arte contemporanea
Maraniello ha sollevato invece nel suo intervento il grosso problema dei musei di arte contemporanea, che devono legittimare continuamente la propria esistenza e preoccuparsi di restituire ciò che percepiscono a più livelli, proponendo alla ribalta un nuovo nel quale l’immaginario collettivo ancora non si è potuto riconoscere e avendo come obiettivo il fare cultura, accendere la conoscenza. Una sfida difficile. Sempre più, è stato osservato, mancano le chiavi, i codici di accesso alla cultura, all’arte. Chiavi e codici d’accesso che vanno cambiati perchè è cambiato anche il tempo e lo spazio dell’arte. “Il Museo -ha detto Croppi riprendendo la parola- è solo un momento, è il contesto che deve parlare la lingua della cultura”,