“La grande bellezza italiana deve tornare a vincere l’Oscar non solo a Hollywood. E mi riferisco a quell’immenso patrimonio d’arte e cultura che è la ricchezza più grande del nostro paese. Una ricchezza abbandonata al degrado e all’incuria. A Pompei, che è tra i siti archeologici più visitati del mondo, ci sono stati nuovi crolli. San Leo, l’antica Rocca di Cagliostro la cui memoria è legata anche a Dante e a San Francesco, si sta sbriciolando. Se non si fa in fretta e se non si interviene e al più presto perderemo i nostri tesori più importanti”. Lo sottolinea il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, Gustavo Raffi, che punta il dito contro la burocrazia e la miopia della politica e del sistema.
“I ritardi e le farragini delle nostre procedure – commenta – stanno provocando danni enormi. Il caso di Pompei è emblematico. L’Italia ha un anno di tempo per utilizzare i finanziamenti comunitari destinati agli scavi, circa 105 milioni di euro. Fondi che rischia di perdere a causa di cavilli, leggi, leggine, alle quali si appigliano puntualmente le ditte che perdono l’appalto bloccando tutto con i ricorsi. Il nostro apparato funziona così ed è fatto di commissioni e sottocommissioni di tecnici che si avvicendano continuamente e che sono lautamente retribuiti. Insomma è un elefante gigantesco e molle che rallenta tutto e tutto consegna alle sabbie mobili”.
“Dalla facoltà di Beni Culturali degli atenei del nostro paese escono giovani esperti destinati alla disoccupazione – aggiunge Raffi – è su di loro che si dovrebbe investire per rivoluzionare il modo di gestire, che sicuramente ora non funziona, la sterminata quantità di gioielli di arte e storia che l’Italia possiede. Dobbiamo prendere esempio da quei Paesi che hanno saputo trasformare in posti di lavoro e reddito i tesori di cui dispongono. Penso alla Francia, alla Gran Bretagna, agli stessi Stati Uniti. Noi possediamo 49 siti dichiarati patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, il più alto numero al mondo, 3400 musei, 2100 aree e parchi archeologici. Tempo fa la Pricewaterhouse Coopers ci fece i conti in tasca e analizzò l’indice di ritorno economico dei nostri asset culturali. La conclusione fu che gli Stati Uniti con la metà dei siti italiani riescono a produrre entrate pari a 16 volte quelle nostre. Se ne traggano le conclusioni”.
Roma, Villa il Vascello 3 marzo 2014