Dall’audizione presso la Commissione parlamentare Antimafia al blitz dello Scico al Vascello, fino al sequestro degli elenchi dei massoni di Calabria e Sicilia, Stefano Bisi ricostruisce nel suo ultimo libro dal titolo “C’è un giudice a Strasburgo” le vicende che hanno portato la Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo a condannare l’Italia.
“Avevamo ragione. Ci sono voluti sette lunghi anni per sentirselo dire attraverso una sentenza, quella della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che ha condannato lo Stato Italiano per le perquisizioni e i sequestri avvenuti al Grande Oriente d’Italia il primo marzo del 2017”, scrive il Gran Maestro raccontando appunto l’esito del contenzioso con la Commissione Antimafia, all’epoca presieduta dall’onorevole Rosy Bindi che inviò al Vascello la Guardia di Finanza a caccia degli elenchi dei massoni di Calabria e Sicilia.
“Un atto arbitrario e discriminatorio” che Bisi subito stigmatizzò dando inizio a una battaglia per la salvaguardia e la difesa dei diritti associativi non solo degli iscritti alla comunione ma di tutti, peraltro previsti in modo inequivocabile dalla Carta Costituzionale della Repubblica Italiana.
Il pronunciamento della Cedu, arrivato il 19 dicembre scorso, rappresenta una importante vittoria per il Grande Oriente, al quale nessun illecito era stato contestato a giustificazione del mandato di perquisizione e sequestro messo in atto nei suoi confronti, senza contare il fatto che la legge prevede che la responsabilità penale sia soltanto personale. Giustizia, dunque, è stata fatta.
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13 gennaio 2025