Commemorato a Brescia dalla loggia Leonessa Arnaldo il grande statista Zanardelli

zanardelliCommerazione a Brescia nell’anniversario della morte, avvenuta  il 26 dicembre 1903, di Giuseppe Zanardelli, il patriota e statista italiano, cui la città diede i natali il 26 ottobre 1826.  L’iniziativa, giunta alla seconda edizione, è stata promossa dalla loggia Leonessa Arnaldo (951) e dal suo venerbile Angelo Ghiroldi. All’evento, che si è davanti al monumento funebre dedicato al celebre politico italiano, hanno preso parte esponenti di tutte le officine del territorio.

Tra i protagonisti del Risorgimento italiano – combattè nei corpi volontari lombardi durante la guerra del 1948 e partecipò all’insurrezione di Brescia contro il governo austriaco- insegnò diritto nell’ateneo della sua città e collaborò, scrivendo saggi di economia, con il giornale “Il Crepuscolo”.  Divenne libero muratore il 29 febbraio del 1860 e venne iniziato nella loggia romana Propaganda Massonica del Grande Oriente d’Italia. Nello stesso anno fu eletto deputato, ma la sua ascesa politica ebbe inizio nel marzo del 1876 quando la Sinistra, di cui era stato esponente di spicco, andò al potere. Fu ministro dei Lavori Pubblici nel primo governo Depretis, ministro dell’Interno nel governo Cairoli del 1878 e si occupò del progetto di riforma del diritto di voto. Come ministro della Giustizia riuscì a portare a termine la stesura del nuovo Codice del Commercio e a far approvare la normativa sul lavoro femminile e minorile. Rimase nello stesso dicastero anche durante il governo Crispi fino al 6 febbraio 1891, avviando una prodonda riforma del sistema giudiziario che culminò nell’entrata in vigore nel 1890 del primo codice penale dell’Italia unita, considerato tra i più liberali e progrediti tra quelli vigenti all’epoca. A lui va il grandissimo merito inoltre dell’abolizione della pena di morte.  Nella Relazione al Re Zanardelli si diceva convinto che «…le leggi devono essere scritte in modo che anche gli uomini di scarsa cultura possano intenderne il significato; e ciò deve dirsi specialmente di un codice penale, il quale concerne un grandissimo numero di cittadini anche nelle classi popolari, ai quali deve essere dato modo di sapere, senza bisogno d’interpreti, ciò che dal codice è vietato». Zanardelli riteneva che la legge penale non dovesse mai dimenticare i diritti dell’uomo e del cittadino e che non dovesse guardare il delinquente come un essere necessariamente irrecuperabile: non occorreva solo intimidire e reprimere, ma anche correggere ed educare. Sempre lo stesso anno, autorizzò la scarcerazione dell’anarchico Giovanni Passannante (autore di un attentato al re nel 1879), che versava in condizioni disumane e il trasferimento nel manicomio di Montelupo Fiorentino.

Alla caduta del governo Giolitti nel 1893  Zanardelli tentò strenuamente, ma senza successo, di formare un nuovo gabinetto. Fu anche presidente della Camera nel 1892 e nel 1897, incarico che ricoprì fino al dicembre 1897, quando accettò il portafoglio della Giustizia nel governo Rudinì, ma fu presto costretto a dimettersi a causa dei dissensi sulle misure da prendere per impedire il ripetersi delle agitazioni popolari del maggio 1898. Partecipò alla campagna ostruzionistica del 1899-1900 contro il progetto di legge sulla pubblica sicurezza e questo gli valse l’appoggio dell’estrema Sinistra nella formazione di un nuovo governo che rimase in carica 991 giorni, dal 15 febbraio 1901 al 3 novembre 1903, quando dove dimettersi per ragioni di salute.  Morì poco più di un mese dopo.



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