Intervista al direttore Oliver Gooch
Maestro Gooch, nel «Flauto magico» si intrecciano la dimensione ieratico-massonica e quella da opera buffa. A quale delle due avete dato la predominanza?
Per un pubblico moderno, il concetto di Massoneria è forse molto vago, non così all’epoca di Mozart. L’equilibrio fra le due dimensioni è davvero difficile. È una sfida che tutti i direttori devono superare. È possibile mettere in scena Il flauto magico a vari livelli. Mozart scrive una musica di tale profondità da consentire diversi tipi di interpretazione. È una gioia quando si esegue la sua musica.
I parlati hanno largo spazio, li eseguirete integralmente?
Abbiamo deciso di ridurre i dialoghi scritti da Schikaneder per alcuni motivi. La qualità dei parlati è molto variabile, cambia da scena a scena. Speriamo di aver fatto i giusti tagli utili sia alla produzione, al racconto e alla perfetta resa della storia e del dramma.
Al giorno d’oggi la contrapposizione fra il mondo di Sarastro (tutto positivo) e quello della Regina della Notte (tutto negativo) appare un poco semplicistica. Lei cosa ne pensa?
All’inizio dell’opera, la Regina della Notte è rappresentata come una madre amorevole, in lutto per il rapimento della figlia Pamina. Sarastro, viceversa, appare come il sovrano del male che sottomette e tiranneggia il proprio popolo, come fa con lo schiavo Monostatos, punito per il tentato stupro di Pamina. Man mano che la storia si sviluppa, assistiamo a uno spostamento verso una visione più semplicistica della Regina della Notte contrapposta a un sovrano del tutto illuminato quale Sarastro. Alcuni commentatori hanno trovato questo ribaltamento poco convincente, ma comunque funzionale alla resa globale della vicenda.
Giancarlo Arnaboldi
(La Provincia di Como) 8 GEN 11