Il 21 marzo si è svolto a Pavia, presso l’Aula magna del Collegio Ghislieri, in occasione del bicentenario della nascita del grande statista, il convegno dal titolo “L’Italia liberale e la Massoneria: la figura di Agostino Depretis”. La giornata di studi è stata presieduta da Fabrizio Sciacca, dell’Università di Catania, e ha visto alternarsi gli interventi di Valerio Zanone, di Zeffiro Ciuffoletti dell’Università di Firenze, di Claudio Anta, docente di Storia delle Dottrine politiche, e di Claudio Bonvecchio, docente di Filosofia delle Scienze Sociali dell’Università dell’Insubria. I lavori sono stati aperti dal Gran Segretario, Alberto Jannuzzelli, che ha condiviso con il folto pubblico presente le riflessioni inviate dal Gran Maestro, Gustavo Raffi.
A tracciare le conclusioni, il Grande Oratore, Morris Ghezzi. Questa interessante giornata di studi è stata un’occasione stimolante per riflettere non solo sulla figura di Depretis, come statista e Libero Muratore, ma anche per avviare, seguendo l’iniziale auspicio del prof. Sciacca, una riflessione critica sina ira et studio su quella stagione politica. I temi trattati hanno, infatti, avuto come oggetto il significato del trasformismo e la tradizionale fragilità dei governi, che hanno segnato, ad eccezione per ovvie ragioni del ventennio fascista, il percorso politico post-unitario dell’Italia lungo tutta la sua storia. I relatori intervenuti non hanno mancato di esprimere, ciascuno secondo il proprio punto di vista disciplinare, tanto la necessità di reinterpretare il trasformismo alla luce dello Statuto Albertino e della Costituzione italiana, quanto l’esigenza di riconsiderare l’apporto determinante della Massoneria nella politica italiana del XIX secolo. Contributo quest’ultimo, che troppo a lungo è stato taciuto e trascurato da una storiografia a tratti ideologica e faziosa.
D’altronde, secondo l’opinione degli illustri relatori, e in particolare del prof. Ciuffoletti, anche la pratica del trasformismo, che nel corso del tempo ha acquisito una connotazione negativa in senso tanto politico, quanto etico e morale, dovrebbe essere meglio compresa in relazione al quadro giuridico tracciato dallo Statuto Albertino e ripreso, successivamente, dalla Costituzione repubblicana. Ciò che è chiaramente emerso dalla discussione, infatti, permette di riconsiderare il trasformismo, non tanto come un atteggiamento dettato da oscure motivazioni dominate dall’interesse personale, quanto come l’unico modo possibile per garantire la governabilità all’interno del quadro costituzionale italiano. Non a caso, come ha giustamente osservato il Prof. Bonvecchio, nell’ottica di Depretis il trasformismo non obbedisce a una logica spartitoria e affaristica, ma al contrario al desiderio, coerente con lo spirito massonico, di garantire la governabilità del Paese. È il senso del bene comune e della disciplina muratoria, votata a “edificare templi alla virtù”, a “scavare oscure e profonde prigioni al vizio” e “a lavorare al bene e al progresso dell’umanità” ad animare indubbiamente l’azione politica di Depretis e di molti altri esponenti politici di rilievo dell’Italia di fine ‘800.