Duecento persone hanno seguito a Udine il convegno della Massoneria del Friuli Venezia Giulia a Palazzo Kechler. Presente il Gran Maestro Stefano Bisi che ha chiuso i lavori. In programma gli interventi del consigliere della Rai Arturo Diaconale, del semiologo Ugo Volli e del giornalista Stefano Folli, assente per impegni improvvisi, che ha inviato un messaggio sul ruolo degli europei davanti al terrorismo stragista. Il convegno è anche su youtube.
Un autentico successo, quello registrato ieri a Udine per il X Seminario di studi massonici dal titolo “I diritti dell’uomo in tutti i futuri del mondo”. Organizzato dal Collegio circoscrizionale del Friuli Venezia Giulia, assieme all’Associazione culturale “Galileo Galilei”, ha visto la partecipazione di ben duecento persone, di cui molti non appartenenti alla Massoneria, che hanno riempito la sala dello storico Palazzo Kechler. Lo scopo era quello di trovare degli spunti di riflessione sull’argomento, molto attuale, dei Diritti dell’Uomo, indagando se e come la società contemporanea sia riuscita a dare attuazione alle legittime aspirazioni di un miglioramento della condizione umana, garantendo uno sviluppo omogeneo. Dopo aver ascoltato l’Inno di Mameli e la Marsigliese, il seminario è stato aperto dal presidente del Collegio Paolo Volli e da Sergio Parmegiani, per il Consiglio del Maestri Venerabili del capoluogo friulano. Anche quest’anno il coordinamento degli interventi è stato affidato a Giovanni Cecconi, esponente di punta del Grande Oriente.
Stefano Folli, editorialista di Repubblica, non ha partecipato per contrattempi dovuti al lavoro e ha affidato al Presidente Volli la lettura di un suo messaggio in cui, richiamando i gravissimi fatti di Parigi, ha parlato di Europa, libertà e diritti fondamentali davanti all’incubo dello stragismo terroristico. “La salvaguardia dei diritti fondamentali – ha scritto Folli – non può essere compromessa dal terrorismo. L’Europa delle libertà non può snaturare se stessa e rinnegare la sua tradizione che costituisce anche la sua straordinaria forza contro l’intolleranza e la violenza”.
Di grande impatto la relazione del giornalista e consigliere d’amministrazione della Rai, Arturo Diaconale. Quindi è intervenuto il noto semiologo Ugo Volli, ordinario di filosofia della comunicazione all’ateneo di Torino, seguito da Fulvio Salimbeni, docente di storia all’Università di Udine. Al Gran Maestro Stefano Bisi le conclusioni del seminario: «Non dobbiamo mai nasconderci nella nostra vita di relazione e nelle nostre scelte, per paura o mancanza di responsabilità, dietro il velo delle scuse. Possiamo scegliere bene, ma anche capire di aver sbagliato, l’importante è mettersi sempre in gioco e non fare male a noi stessi e agli altri». Il Gran Maestro ha concluso ricordando l’esempio dei genitori di Valeria Solesin e, infine, ha auspicato il ritorno del Grande Oriente d’Italia a Palazzo Giustiniani (l’accordo è del lontano 1991), per allestirvi un museo della Massoneria.
Presenti in sala il Primo Gran Sorvegliante Antonio Seminario, il Gran Maestro Onorario Enzio Volli, che ha seguito con soddisfazione gli interventi dei figli Paolo e Ugo, il Sovrano Gran Commendatore del Rito Scozzese Antico e Accettato Luigi Milazzi.
Il messaggio di Stefano Folli al convegno
Cari amici, con grande dispiacere sono stato costretto dagli eventi a rinunciare al viaggio a Udine per il X Seminario di Studi Massonici. La ragione è legata ai tragici attentati di Parigi e alle loro conseguenze. Una visita a Parigi, per incarico del mio giornale, mi ha permesso di portare la solidarietà ai colleghi della stampa francese, insieme ad altri giornalisti europei. Purtroppo le modalità del viaggio di ritorno non mi consentivano di essere fra voi in tempo per il convegno.
Avevo preparato un intervento che qui riassumo e che prende le mosse da un famoso episodio avvenuto nella Francia della Restaurazione, quando in piena Assemblea nazionale un deputato liberale si rivolse al settore della destra dicendo all’incirca: “Ma vi rendete conto che è grazie ai nostri princìpi di libertà che voi potete sedere qui? E voi usate la libertà che noi abbiamo conquistato, e di cui voi stessi usufruite, per negarla e per auspicare il ritorno al passato”. A questo punto si alzò un deputato della destra più reazionaria e rispose così: “E cosa c’è di strano? In base ai vostri princìpi è logico che voi difendiate la libertà e i diritti umani, dei quali anche noi siamo partecipi. Viceversa, in base ai nostri princìpi, noi intendiamo imprigionarvi e se possibile fucilarvi. Non c’è alcuna contraddizione: è una battaglia fra princìpi opposti”.
L’aneddoto, che ha tutte le caratteristiche della verità, mi è tornato alla mente tempo fa, prima degli eccidi di Parigi, quando ho letto che alcuni sospetti simpatizzanti dello Stato islamico in Europa, e precisamente in Gran Bretagna, si sono appellati allo Human Right Act per evitare di essere espulsi. Altrove è accaduto qualcosa di simile, ad esempio la ricerca della cittadinanza del paese ospitante quale scudo protettivo. E così sorge l’interrogativo: è giusto coprire i terroristi, o aspiranti tali, con il mantello dei nostri valori, gli stessi che loro si preparano a calpestare? È un punto delicatissimo che non può in alcun modo essere trascurato. Ad esso si collega strettamente l’altra questione: quanto delle nostre libertà personali, che sono le libertà occidentali figlie dei diritti umani finalmente affermati contro l’oscurantismo, possono essere limitate per garantire la sicurezza collettiva in Europa dopo l’esplosione senza precedenti dello stragismo islamista?
Non esistono risposte sicure a queste domande, salvo una. La salvaguardia dei diritti fondamentali non può essere compromessa dal terrorismo. L’Europa delle libertà non può snaturare se stessa e rinnegare la sua tradizione che costituisce anche la sua straordinaria forza contro l’intolleranza e la violenza. Due fenomeni, questi ultimi, che prima Al Queda e poi l’Isis hanno negato con ferocia, nell’illusione di uccidere le regole della convivenza civile e costringere gli europei a compiere un salto indietro verso il Medioevo. Non accadrà, ovviamente. Quello che invece può accadere – e di fatto sta già accadendo – è che le condizioni dell’emergenza impongano una serie di misure per contrastare l’avversario. E che tali misure limitino in alcune situazioni la piena libertà del cittadino. Ma qui bisogna intendersi sulle parole. Siamo in guerra contro l’Isis, come dichiara il presidente francese? O si tratta solo di un gioco di specchi?
Occorre riconoscere che Hollande non si è fatto intimidire e ha saputo riproporre i valori perenni della Francia. Ma l’Europa una volta di più è apparsa incerta e divisa: ci sono nazioni che si ritengono in guerra con gli islamisti e altre che preferiscono anche solo evitare di pronunciare la parola tabù. È chiaro che se siamo in una condizione di guerra si giustifica una provvisoria limitazione di alcuni diritti di libertà, specie nel campo della “privacy”, a cominciare dalle intercettazioni. Se viceversa si ritiene che la spinta bellica sia inutile e propagandistica, allora si giustifica il rifiuto assoluto di misure eccezionali benché provvisorie. In un caso come nell’altro, l’Europa si salva se ritrova se stessa e la propria identità. Che oggi significa compiere un deciso passo avanti verso l’integrazione. Integrazione politica, certo, ma si deve essere realisti: l’obiettivo resta a lungo, se non lunghissimo termine. Prima di quel traguardo c’è l’integrazione dei sistemi di “intelligence” e di polizia. Strumenti per garantire e non per coartare la libertà dei cittadini. Contro la quale l’unica minaccia viene da coloro che chiedono il riconoscimento di diritti che essi stessi hanno cupamente cancellato. Non si può fare a costoro il regalo di imbarbarire le nostre società perché é quello che i nostri nemici soprattutto desiderano. Per combatterci meglio. (Stefano Folli)
Seminario di studi massonici dedicato ad Antonio Celotti, un uomo a servizio della società
Nato il 27 giugno del 1906 a San Giorgio di Nogaro, Antonio Celotti ha dedicato tutta la vita alla cura e alla ricerca medica, conciliando le sue numerose attività con gli impegni in Massoneria dove entrò giovanissimo, all’età di 19 anni. Dopo gli studi ginnasiali e liceali si laureò in Medicina e Chirurgia all’Università di Padova dove si specializzò in Tisiologia e Igiene. Iniziò la sua attività clinica presso l’Istituto Pneumologico Forlanini dell’Ospedale di Udine nel 1932 sotto la guida del professor Azzo Varisco, fondatore della scuola pneumologica udinese, diventando nel 1950 primario del reparto di pneumologia fino al pensionamento nel 1975. Ancora prima, dal 1940 al 1945, pur agendo in corsia, fu nominato direttore sanitario dell’Ospedale di Udine. La sua opera viene ricordata per aver assistito pazienti ebrei e militanti nella resistenza accolti con falso nome. Nel secondo dopoguerra fu testimone dell’avvio dell’era della chemio-antibiotico terapia che rivoluzionò il trattamento della malattia tubercolare, sino allora considerata una vera e propria piaga sociale. Sempre nell’Ospedale di Udine, prima di andare in pensione, favorì l’istituzione dei reparti di Pneumologia, Tisiologia e Fisiopatologia respiratoria e l’ulteriore crescita della scuola medica pneumologica. Una volta a riposo si dedicò a tempo pieno ad attività filantropiche (attraverso il Rotary udinese, l’Associazione Italia-Israele e l’Accademia Culturale di Udine) e alla Libera Muratoria.
Antonio Cerlotti entrò in Massoneria il 25 maggio 1925 nella storica loggia “La Vedetta” di cui fu più volte maestro venerabile. Con la ripresa dei lavori, dopo la seconda guerra mondiale, fu nella stessa loggia, diventando poi presidente del Collegio dei maestri venerabili del Friuli Venezia Giulia. Per oltre mezzo secolo appartenne inoltre al Rito Scozzese Antico Accettato fino a raggiungere i massimi incarichi e diventare nel 1973 Sovrano Gran Commendatore. Fu un attento studioso di fatti massonici come lo dimostra il suo libro “La Massoneria in Friuli. Prime ricerche sulla sua esistenza ed influenza” pubblicato nel 1982 e di cui curò una riedizione aggiornata in per il suo 100esimo compleanno. Scrisse nella prefazione: “Io, vecchio massone, penso che l’influenza della Massoneria sulla società si applichi attraverso i sentimenti e l’operare dei suoi appartenenti, non come Istituzione fine a sé stessa. Mi sono fatto questa convinzione durante la lunga appartenenza alla Massoneria e nella mia vita ho operato seguendo queste idee quanto meglio ho potuto”.
Si è spento il 13 luglio 2009 all’età di 103 anni. Le sue ceneri riposano nel cimitero di Gemona del Friuli.
Interessantissimo convegno svolto a Udine. Argomenti attuali e trattati con sapiente consapevolezza, affrontando tutte le varie sfaccettature. Giuseppe