Goldoni, commedie siciliane tra segreti e riti massonici/Il Giornale di Sicilia

Un’opera del drammaturgo del ‘700 ambientata nel capoluo-go Brighella, Colombina e Pantalone alla corte di un antiquario Goldoni, commedie siciliane tra segreti e riti massonici ma lo fece a suo modo, celando messaggi tra parole e burla e denunciando gli stereotipi. Egli stesso nelle memorie scrisse che «Le donne Curiose» era una «commedia che, sotto un titolo mascherato, altro in sostanza non figurava se non una loggia di Liberi Muratori». In essa, un gruppo di amici tra cui Brighella e Pantalone cerca di gestire la curiosità delle compagne che tentano di varcare la soglia di fatti riservati agli uomini per conoscere la verità sui misteriosi ritrovi dei mariti. Ma sarà proprio quella curiosità che alimenterà la conoscenza. Una di esse frugando nelle tasche del marito si chiederà: «Questo è il suo fazzoletto… vi è un nodo, perché mai lo avrà fatto? Sarei ben curiosa di sapere che cosa voglia dire questo nodo. Chi sa? Può anche darsi che io lo sappia. E queste chiavi cosa sono?». L’allusione è al nodo massonico ma anche alle chiavi che aprono le porte di chi, con pazienza, cerca la via. Eleon aggiunge: «Fingete di non intendere. Anderete a soffiare nei fornelli. Mi è stato detto che in quel vostro luogo segreto fate il Lapis Philosophorum» in riferimento a soffiatori alchemici e alla Pietra Filosofale. Le donne che spazzolano le giacche per togliere la polvere, simboleggiano la conoscenza cheviene svelata e infine Flor: «Certamente queste donne ardono di volontà di sapere… vedo gente… colui colla lanterna è Arlecchino…». Non si ritiene qui che Goldoni, come spesso sostenuto, abbia voluto schernire le donne ma al contrario le rende protagoniste, quasi attuazione del m o tto ermetico «osare, sapere, volere e tacere,» e gli uomini comprenderanno la strada: »Andemo, sodisfemole, femoghè veder tutto. E po? No le sarà pii’ curiose». Ma la commedia richiama anche le vicende e la curiosità di Elizabeth Aldworth, prima donna massone per questo soprannominata «the lady freemason» che nel Settecento durante una riunione di loggia del marito, a casa sua, spostò un mattone per vedere, fu scoperta e iniziata alla massoneria per mantenere il segreto. Goldoni usò le maschere anche nella commedia ambientata a Palerm o «La famiglia dell’anti quari o ossia La suocera e la nuora», ove i personaggi dialogano intercalando italiano e dialetto veneziano e le maschere diventano il filo rosso d’unione tra nord e sud del paese. Così Arlecchino, Pantalone, Brighella, Colombina e altri si muovono a casa dell’antiquario palermitano Anselmo, appassionato di oggetti d’arte: «Ognuno in questo mondo ha qualche divertimento. Chi gioca, chi va all’osteria, io ho il divertimento delle antichità». Maschere e personaggi sono protagonisti di divertenti vicende dove, però, a un occhio attento non sfuggiranno i riferimenti ermetici. Il conteAnselm o evade ai chiacchiericci, pettegolezzi e liti tra nuora e suocera collezionando oggetti d’antiquariato, specie quelli ermeticamente rilevanti e confida a Pantalone, riferendosi alla sua famiglia che «quando tacciono, sono capo: quando gridano, sono co da (…) in casa mia voglio la pace» e gli chiede il parere sull’acquisto di un «lume eterno» che par provenga dalle piramidi d’Egitto: «Questa sorta di antichità non si trova facilmente. Gran Brighella per trovare i mercanti d’antichità! Questo lume eterno l’ho tanto desiderato, e poi trovarlo sì raro! Di quei d’Egitto! Quello di Tolorne o!». Il lume eterno, ossia la luce alchemica inestinguibile, fu un tema caro all’alchimista Raimondo Principe di Sansevero che nel libro «Il Lume eterno» descrisse i modi per ottenere la luce ermetica che avrebbe illuminato la Cappella di San Severo. In Goldoni la commedia assume valenza educativa e dà forza ai concetti di pacifica convivenza e solidarietà e difatti quella ambientata a Palermo termina con la parola ripetuta tre volte… amicizia, amicizia, amicizia. Anche nella tragedia «Enrico re di Sicilia», rappresentata per la prima volta all’inizio del carnevale 1737 (nuovamente il carnevale) v’è il riferimento all’isola. Un caso? Difficile, perché nell’ermetismo, si sa, il caso non esiste. e LUVI N*)

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 Colombina e Arlecchino classiche maschere del teatro dell’arte 1 fasto delle carrozze, la sontuosità degli abiti ma anche fogge dalla valenza ermetica hanno sempre ammaliato la folla assiepata in attesa del loro ingresso. Durante il Carnevale del 1802, ad esempio. sfilarono tra le vie del Palazzo Reale dame e signori travestiti da Aria, Acqua, Terra e Fuoco, gli alchemici quattro elementi. Il Carnevale e la Sicilia hanno affascinato anche Carlo Osvaldo Goldoni (Venezia 1709-Parigi 1793) che a Palermo ambientò una divertente commedia animata da maschere bergamasche e venete quali Brighella, Colombina e Pantalone, ricca di velati insegnamenti. Goldoni, da buon iniziato, nascose infatti in parole e ironia, simboli e messaggi. Infuocato dalla passione teatrale. da ragazzo seguì una compagnia di girovaghi, intraprese poi gli studi d’avvocatura ma finì per cedere alle lusinghe del palcoscenico. Uomo colto e curioso, aderì alla massoneria e come precisa Giorgio Nicoletti nel sito della Loggia Giuseppe Garibaldi Follonica, «nel 1746 aderì alla Massoneria entrando a far parte di una loggia di nuova costituzione insieme a Giacomo Casanova, dove lavorò fino al 1755, quando gli Inquisitori di Stato arrestarono Casanova e chiusero l’officina. Abbandonata l’avvocatura si dedicò per il resto della sua vita, alla produzione di numerose commedie teatrali (…). come Casanova ed altri intellettuali, fu iscritto nel registro degli indagati degli affiliati alla Massoneria e nel 1762 lasciò Venezia. (…) Fu anche Maestro Venerabile nella Loggia Rio Marin fondata a Venezia e che nel 1785 fu chiusa dagli inquisitori; tutti gli arredi massonici furono bruciati in un rogo al quale assistette con gioia il popolino al quale si era fatto credere che si trattasse di strumenti satanici». Dopo la chiusura della Loggia si trasferì a Parigi dove ebbe notevole successo ottenendo un assegno dal re di cui fu però privato con la rivoluzione francese finendo in povertà: morì in miseria 116 febbraio 1793 a Parigi. Difese la massoneria dalle accuse Lucia Vincenti



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