Il Gran Maestro Stefano Bisi ha chiuso l’allocuzione dedicata ai doveri dell’uomo, i diritti del mondo tenuta nel corso della Gran Loggia di Rimini citando Fabrizio D’Andrè e in particolare uno degli album più popolari degli anni ottanta: Crêuza de mä del 1984, realizzato in collaborazione con Mauro Pagani, e interamente cantato in genovese, idioma della Repubblica di Genova, tuttora vivo, che è stato per molti secoli una delle parlate più usate per la navigazione e gli scambi commerciali nel Bacino del Mediterraneo. Il titolo dell’album e della canzone principale fa riferimento alla crêuza o crosa, termine che indica una stradina collinare (con struttura simile ai celebri caruggi, che però sono perlopiù urbani), spesso sterrata o mattonata, in salita, delimitata da mura, e che porta in piccoli borghi, sia marinareschi che dell’immediato entroterra. In questo caso però la crêuza di mare si richiama poeticamente ed in maniera allegorica ad un fenomeno meteorologico del mare altrimenti calmo che, sottoposto a refoli e vortici di vento, assume striature contorte argentate o scure, simili a fantastiche strade da percorrere come vie, crêuze de mä appunto, per intraprendere dei viaggi, reali o ideali.