Il Grande Oriente reclama l’edificio che fu espropriato da Mussolini: ora l’ultima parola al Tar
di Lorenzo Giarelli
Il Grande Oriente d’Italia, la più antica e corposa ordinanza massonica del nostro Paese, può festeggiare: grazie a ricorso appena accolto dalla Cassazione, il Goi potrebbe presto vedersi riconosciuto il diritto di disporre di Palazzo Giustiniani, sua vecchia sede nel centro di Roma e da ormai parecchio tempo di proprietà dello Stato, che li può vantare uffici, aule e residenze nella disponibilità del Senato. La vicenda si trascina da un secolo e ora potrebbe essere a una svolta, perché la sentenza della Cassazione sembra dar ragione alle pretese del Goi sul Palazzo. Tutto parte dal 1925, quando le squadre fasciste occupano il prestigioso edificio sfrattando con la violenza il Grande Oriente, che lo aveva acquistato una quindicina di anni prima. Caduto il fascismo, il Goi inizia a contestare quell’esproprio non soltanto perché vissuto come un’ingiustizia di principio, ma anche perché nessuno si era premurato di annullare il precedente atto di compravendita del bene in favore di Urbs (la società immobiliare del Grande Oriente), cui ultimo atto è appunto di due giorni fa, quando la Cassazione mette un punto fermo che sembra formale, ma che lascia intravedere la risoluzione della faccenda anche nel merito.
La Corte Suprema annulla infatti la sentenza del Consiglio di Stato che affermavala giurisdizione del Giudice Ordinano sulla materia. Tradotto: secondo la Cassazione, a occuparsi della questione deve essere il Tar, non il Tribunale, perché il Goi “denuncia l’illegittimo esercizio del potere” nel sostenere che non sia mai stata dichiarata la nullità dell’atto di compravendita in favore della società Urbs, “condizione pregiudiziale dell’esercizio del potere (di esproprio, ndr), che altrimenti non può essere esercitato’.
Che succede, quindi? Che se il Goi proseguisse la suabattaglia di fronte ai tribunali amministrativi, ora potrebbe arrivare davvero a meta. Lo spiega al Fatto Stefano Bisi, Gran Maestro del Goi dal 2014: “Non c’è mai stato l’annulIamento dell’atto di acquisto da parte di Urbs, quindi il regime non poteva esercitare il diritto di prelazione su Palazzo Giustiniani. Non potevano portarcelo via, insomma”.
LA QUESTIONE resta irrisolta per decenni, finché nel 1991 l’obbedienza massonica firma un’intesa con l’allora presidente del Senato Giovanni Spadolini in cui si stabilisce che Io Stato avrebbe mantenuto la proprietà dell’immobile, concedendone però una parte – circa 140 metri quadri – al Goi che lì avrebbe potuto realizzare il “museo della massoneria italiana”. L’accordo con Spadolini resta però lettera morta e così il Grande Oriente procede le sue battaglie legali.
L’IPOTESI più surreale sarebbe vedere un giorno i senatori sfrattati da una delle loro sedi. Ma senza arrivare a tanto, Bisi crede che la decisione della Cassazione possa convincere il presidente Ignazio La Russa a stabilire un dialogo coi massoni, dopo che le precedenti richieste non hanno avuto risposta: “C’è un’intesa del 1991 che non è mai stata applicata – dice Bisi – Ci farebbe piacere che si potesse ripartire da lì’: Magari con quell’agognato museo, appunto, visto che il Goi tiene molto al ricordo dei fratelli: “Molti di noi, come Meuccio Ruini, si sono opposti al fascismo; altri sono stati deportati, come Nedo Piano, o uccisi dal regime. Oggi (ieri, ndr) ci ha lasciati Bruno Segre, che ebbi l’onore di insignire con l’onorificenza `Giordano Bruno’ quattro anni fa”. La Russa dovrà pensarci su.