Il 6 luglio del 1849 moriva a 21 anni per una ferita infetta che si era procurata durante la difesa della Repubblica Romana, il fratello Goffredo Mameli, tra gli eroi piú gloriosi del Risorgimento e autore del testo del Canto degli Italiani, oggi inno nazionale della Repubblica italiana.
Mameli era nato nel 1827 nell’allora Regno di Sardegna, a Genova nel sestiere del Molo, al civico 30 di via San Bernardo, da una nobile famiglia di origine sarda (per la precisione di Lanusei, nella regione dell’Ogliastra). Di grande talento letterario compose versi d’ispirazione romantica, tra cui quelli intitolati Il giovine crociato, L’amore, Il sogno della vergine, La vergine e l’amante.
Venne presto conquistato dallo spirito patriottico e, durante i pochi anni della sua giovinezza, fu parte attiva del movimento rivoluzionario. Nel settembre del 1846, in occasione della ricorrenza del centenario della cacciata da Genova degli Austriaci, fu alla testa delle manifestazioni ed espose il tricolore. Ispirato dall’azione, iniziò a comporre poesie politiche e canti militari, tra cui Ai fratelli Bandiera, Dante e l’Italia e, più tardi, Dio e il popolo, che tanto piacque al Carducci.
Non ancora ventenne scrisse il Canto degli Italiani (1847), più noto in seguito come Inno di Mameli, musicato da un altro libero muratore, Michele Novaro, adottato un secolo dopo quale inno nazionale provvisorio della Repubblica Italiana nel 1946 e ufficialmente riconosciuto per legge quale inno nazionale della Repubblica nel 2017.
Combatté nella difesa della Villa del Vascello sul colle del Gianicolo. Fu ferito alla gamba sinistra durante l’ultimo assalto del 3 giugno a Villa Corsini, occupata dai francesi. Venne trasportato all’ospedale Trinità dei Pellegrini, dove fu visitato e curato dal medico Pietro Maestri. Le condizioni apparvero immediatamente molto gravi. Ma quando gli venne diagnosticata la cancrena e amputata la gamba era ormai troppo tardi.
Mameli fu sepolto nella chiesa di Santa Maria in Monticelli e poi nei sotterranei della chiesa delle Stimmate; dopo la presa di Porta Pia la sua salma fu ritrovata e trasportata al Verano, dove è il suo monumento funebre. Le sue spoglie riposano al Gianicolo, dove vennero traslate nel 1941 nel ricostruito Mausoleo Ossario Garibaldino.