La disputa è al Tar del Lazio. Il ricorso è ammesso e pendente, come si dice. Recita: «Si chiede sin d’ora l’accertamento e la declaratoria della occupazione abusiva di Palazzo Giustiniani in Roma alla via della Dogana Vecchia n. 29, attualmente in uso al Senato della Repubblica e la conseguente condanna della parte resistente alla restituzione del predetto bene immobile in favore della ricorrente, oltre al conseguente risarcimento dei danni da occupazione abusiva».
di Aldo Toorchiaro
Il Senato della Repubblica potrebbe essere sfrattato. Palazzo Giustiani, edificato nel XVI secolo da Giovanni e Domenico Fontana, non è uno stabile qualunque: è lì che nel 1947 venne firmata la Costituzione repubblicana. L’edificio prospicente Palazzo Madama, con il quale è collegato da un sottopassaggio ad accesso riservato, è sede di lavori parlamentari, riunioni di commissione e cerimonie ufficiali. Ma forse non per molto. Perché i proprietari dello stabile lo rivogliono. Si sono fatti vivi, a suon di carte bollate, e il Tar del Lazio, dopo un pronunciamento della Cassazione, ha ammesso il loro ricorso. E il bello è che il proprietario ricorrente al Tar, agli atti la società Urbs Srl, altro non è che il gestore patrimoniale del Grande Oriente d’Italia, la massoneria. Per meglio dire: la più antica e diffusa obbedienza massonica italiana, presente sin dal 1805, tra i fondatori Giuseppe Mazzini, poi il sindaco di Roma Ernesto Nathan, che ha acquistato regolarmente l’edificio nel 1901.
Fu agli albori del secolo scorso che i massoni stabilirono a Palazzo Giustiniani il loro tempio principale, adibito a riunioni di loggia, iniziazioni e cerimonie di rito. Filò tutto liscio fino all’arrivo del fascismo: il regime se la prese con le «organizzazioni segrete», in primis con la massoneria del Goi e nel 1926, dopo una ripetuta serie di aggressioni, i proprietari del palazzo vennero invitati a consegnarne le chiavi. Mussolini tenne a firmare personalmente un decreto con il quale acquisiva l’edificio al demanio pubblico per concederne l’utilizzo al Senato.
Trascorsi i decenni, i legittimi titolari sono tornati alla carica. Già nel 1985, poi nel 1991, con pronunciamenti altalenanti, gli stessi uffici del Senato hanno riconosciuto, più per documenti storici che per atti giudiziari, che quell’atto di espropriazione manu militari, ai tempi del fascismo, non fosse del tutto legittimo. Adesso il Goi torna all’attacco e lo fa affidando la tutela dei suoi interessi a tre legali: Angelo Piazza, Raffaele D’Ottavio e Fabio Federico. Il primo dei tre è stato deputato socialista e Ministro della Funzione Pubblica. E sono le ragioni illustrate dai tre avvocati ad averla avuta vinta in Cassazione, dove è stato stabilito che il decisore competente per dirimere la disputa è il Tar del Lazio. Il ricorso è ammesso e pendente, come si dice. Recita: «Si chiede sin d’ora l’accertamento e la declaratoria della occupazione abusiva di Palazzo Giustiniani in Roma alla via della Dogana Vecchia n. 29, attualmente in uso al Senato della Repubblica e la conseguente condanna della parte resistente alla restituzione del predetto bene immobile in favore della ricorrente, oltre al conseguente risarcimento dei danni da occupazione abusiva». Gli occupanti abusivi, stando al testo dell’istanza legale, sono i duecento Senatori dell’attuale legislatura.
«Abbiamo ragione e lo dimostreremo: i documenti parlano chiaro, gli atti notarili e la titolarità dell’immobile sono pienamente efficaci», dice l’avvocato Angelo Piazza. Un preavviso di sfratto per la «Camera alta» che il Referendum del 2016 non è riuscito a spegnere e che vede alla sua guida, come seconda carica dello Stato, il presidente Ignazio La Russa. Anch’egli avvocato: potrebbe essere l’interlocutore giusto per raggiungere una mediazione con i ricorrenti.
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