Con una cerimonia, organizzata dalla loggia Giustizia e Libertà n. 1076 di Pistoia presso il cimitero di San Baronto, a Lamporecchio, il Grande Oriente ha ricordato Domizio Torrigiani nel centenario della sua elezione a Gran Maestro, avvenuta il 23 giugno 1919.
All’omaggio solenne reso alle spoglie mortali del Gran Maestro Martire, che riposano nella cittadina dove nacque il 19 gennaio 1876 e dove morì il 31 agosto 1932, hanno partecipato il Gran Maestro Stefano Bisi, il presidente dell’Istituto storico della Resistenza di Pistoia Roberto Barontini, il presidente dell’Istituto storico della Resistenza toscano Giuseppe Matulli, e Neri Torrigiani pronipote di Domizio Torrigiani.
Un’occasione per la Comunione per celebrare anche il 25 aprile, la festa della Liberazione dell’Italia dal fascismo e dal nazismo, giorno simbolo, come ha sottolineato Bisi, della rinascita della nostra nazione e dell’avvento della democrazia. Dobbiamo portare nel cuore, ha detto il Gran Maestro, con gratitudine ed orgoglio la memoria di tanti eroi, di tanti uomini e di tanti fratelli che con il loro sacrificio e la loro azione lottarono per il trionfo della libertà, a cominciare da Domizio Torrigiani.
Uomini che difesero il libero pensiero contro gli oppressori dello spirito e delle coscienze e resero possibile la nascita della Repubblica e l’affermazione dei principi e dei valori contenuti nella Costituzione. Valori e principi, che costituiscono un immenso tesoro, e che vanno vissuti quotidianamente ed applicati perché sono una garanzia per tutti noi da difendere e tramandare alle generazioni future con la stessa passione chi ce li ha donati con tanto sacrificio ed amore. Torrigiani, che fu il successore di Ernesto Nathan, si trovò a guidare la Comunione in uno dei momenti più difficili e dolorosi della storia italiana, tra la fine della prima guerra mondiale e l’avvento della dittatura, che perseguitò la Massoneria, prendendo d’assalto e devastando le sue officine e poi anche mettendola al bando con la legge sulle associazioni promulgata il 26 novembre del 1925.
Rientrato dalla Francia il 26 aprile dell’anno successivo, Torrigiani come ha ricordato il Gran Maestro, venne arrestato e condannato al confino a Lipari, dove trascorse due anni, sottoposto a intensissima vigilanza in ragione delle ricorrenti voce di una sua possibile evasione dall’isola. Nella casa in cui visse, ha riferito Bisi, due anni fa il Grande Oriente appose una targa per ricordarlo. Nel 1928, affetto da una grave malattia agli occhi –Torrigiani era diventato quasi cieco- fu trasferito a Ponza, dove resterà fino quasi alla morte. Qui il Gran Maestro martire entrò in contatto con altri massoni al confino, tra i quali Placido Martini e Silvio Campanile, che figureranno nella lista dei liberi muratori trucidati alle fosse Ardeatine.
Torrigiani lasciò Ponza nell’aprile del 1932, dopo aver scontato i cinque anni di confino che gli erano stati inflitti, in condizioni di salute assai precarie per ritirarsi nella sua villa a San Baronto, dove, sorvegliato dalla polizia fino all’ultimo, si spense il 31 agosto. I funerali ebbero luogo di notte, durante un violento temporale, ha raccontato il presidente dell’Istituto storico della Resistenza di Pistoia Barontini, e la sua bara era presidiata dalla milizia fascista. Ma questo non scoraggiò i contadini, che lo stesso si recarono a rendergli l’ultimo saluto. Torrigiani era amato e rispettato. Nessuno qui lo vedeva come l’uomo che dialogava con il potere, ha sottolineato Barontini, ma era per tutti un amico, che si interessava al destino degli umili. Il presidente dell’Istituto storico della Resistenza toscano Matulli ha ringraziato, dal canto suo, la famiglia per la donazione delle sue carte e dei suoi documenti, che sono stati tutti digitalizzati. “Sono colpito dalle parole che ho sentito”, ha detto poi il pronipote Nero Torrigiani. “Mi è parso giusto – ha spiegato- mettere a disposizione di tutti l’archivio che mi sono trovato a ereditare”.
La morte di Torrigiani ebbe una grandissima risonanza internazionale. Alto è stato il prezzo pagato dal Grande Oriente durante il periodo più nero della storia d’Italia. La Resistenza, ha rimarcato il Gran Maestro, è una festa anche nostra. Una festa, in cui dobbiamo tutti celebrare la riappropriazione dei valori democratici e l’inizio di quel percorso che portò alla nascita della Repubblica Italiana alla cui costruzione la Libera Muratoria ha dato grande impulso. Con fierezza celebriamo il 25 aprile e l’inestimabile patrimonio dell’umanità che racchiude la parola libertà in tutte le sue forme più alte. La storia del Grande Oriente è una storia di uomini liberi, che si tramanda ad uomini liberi e di grandi ideali che vanno salvaguardati e trasmessi alle generazioni future nel ricordo di quanto fatto dai nostri padri per assicurarci un domani migliore di quello vissuto da loro e per cui hanno generosamente combattuto.
“Non dobbiamo mai abbassare la guardia memori di ciò che è accaduto e capaci di contrastare chi vuole oggi dividere invece di riunire e preservare la libertà”, ha sottolineato il Gran Maestro.
Una Stella Brilla per sempre nel Firmamento del Cielo. Il Cielo è Libertà
Almeno nella giornata del 25/4 dovrebbe sventolare un’unica bandiera, bella per tutti: il Tricolore.
Libertà, Uguaglianza e Fratellanza, valori universali ed eterni.
Spero che le nuove dirigenze imparino qualcosa da Lui