Il morso della Taranta, Carlo Petrone racconta il grido di riscatto del Sud. Storie di donne e destini tra musica, danza e colori

Una danza rituale che racconta lotte e destini da cogliere nel ritmo di una musica che schiaccia il ragno. Il libro di Carlo Petrone, Il morso della Taranta a Taranto e dintorni, edizioni Giuseppe Laterza (pp. 426, euro 25. In allegato un Cd del Complesso di musica popolare ‘I Febi Armonici’), è un viaggio nella storia e nel mistero. Petrone, avvocato, pubblicista e già autore di testi su argomenti giuridici e sociali, presenta una raccolta antologica di saggi che studiosi, giornalisti, sociologi, medici, psicologi e viaggiatori hanno scritto sul Tarantismo, misterioso fenomeno della Puglia. Cosa cela la Taranta? Isteria, invasatura, intossicazione, superstizione morbosa, psicodramma, folklore? E come si scivola nella ‘pizzica pizzica’ e nella ‘tarantella’? Il Tarantismo è originario di Taranto (sembra? senza dubbio?) e di qui si è diffuso verso le terre rimaste a conduzione agricola del Salento, ove sono ancora presenti manifestazioni sporadiche. A volte qualcuno l’ha chiamato rito magico-pagano che coinvolge le donne, solamente le donne, che nei mesi della torrida estate pugliese, ballano e ballano fino a stremarsi, come le folli danzatrici del sabba… Morse dalla Taranta, dicono.

Il volume fornisce alcuni tra i più significativi spunti, ricerche, riflessioni, ricordi per chi voglia cimentarsi nello studio della complessa vicenda del Tarantismo, storia ingarbugliata nella quale occorre districarsi tra filologia, psichiatria, etnologia, musica, costume ed altro ancora.
“In queste pagine – spiega Petrone – c’è la voce del Sud che sa raccontare. Ma anche la danza di donne che gridano un bisogno di riscatto sociale, tra rimorsi e ricerca di nuove dimensioni di vita. Il simbolico morso della Taranta – ricorda – scatenava una crisi che veniva controllata ritualmente mediante ‘l’esorcismo’ della musica, della danza e dei colori. La sconvolgente realtà di ieri forse si ripropone sotto nuove forme nell’epoca contemporanea. E tante storie continuano”. Nel vento che porta la pizzica.

 

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