“Io dirò la verità”. Così esordisce Giordano Bruno nel primo dei sette costituti, gli interrogatori cui il filosofo fu sottoposto nel corso del processo veneto. A raccontare la ricerca di verità del Nolano è il nuovo libro di Guido del Giudice, ‘Io dirò la verità. Intervista a Giordano Bruno’ (Di Renzo Editore, pp. 128, euro 12, prefazione di Angelo Tonelli). La storia si svolge nel dicembre del 1599 ed è ambientata nelle carceri del S. Uffizio Romano, in cui è rinchiuso Bruno. Vi è descritto l’incontro che egli ebbe effettivamente in cella con i due più eminenti rappresentanti del suo Ordine: il generale dei Domenicani, Ippolito Maria Beccaria, e il suo vicario, Paolo Isaresi, incaricati dal Collegio giudicante di tentare, per l’ultima volta, di indurre all’abiura l’eretico pertinace. I due religiosi hanno caratteri molto diversi: Beccaria severo e inflessibile, Isaresi più aperto e comprensivo. Comincia così un confronto che, tra momenti di duro scontro e altri più concilianti, affronta, giorno dopo giorno, i principali argomenti della Nolana filosofia, così attuale nella sua inattualità. Come cittadino e domestico del mondo, il Nolano sa che la Storia procede a contrari. Come un pavimento a scacchi bianco e nero, alternandosi nel tempo periodi di tenebre a grandi squarci di luce. Siamo ombra, ma all’interno di quest’ombra siamo vivi e attivi. Cerchiamo la vita.
“Approfondendo la biografia e il carattere dei due interlocutori del Nolano -spiega del Giudice- è venuta fuori un’affascinante pista di interpretazione. Indagando in profondità al convento di San Domenico Maggiore, a Napoli, dove è sepolto, è emersa l’importanza di Ippolito Beccaria. Un personaggio finora pressoché sconosciuto, che in queste pagine si rivela come il vero persecutore del Nolano. Non fu, dunque, Bellarmino l’implacabile carnefice di Giordano Bruno, ma un suo confratello”. Nei vari capitoli la discussione si articola come una vera e propria intervista al Nolano sui principali aspetti della sua filosofia e delle sue scelte di vita. Si va dall’arte della memoria all’infinita’ dei mondi, all’eroico furore. Siamo nella fase cruciale della vicenda processuale di Bruno e si assiste, pagina dopo pagina, alla battagliera speranza del filosofo di poter ancora portare i suoi accusatori e il Papa sulle sue posizioni di libero pensatore, non di teologo. Arriva poi la presa d’atto della caduta di ogni illusione e la ferma decisione di affrontare il proprio destino, senza compromessi. Bruno capisce che non c’è più nulla da fare e conferma: Non vuole e non ha di che pentirsi. L’epilogo, uno dei più famosi e rappresentati della storia del pensiero, è quello della sentenza e della condanna. Ma stavolta si va oltre il rogo di Campo de’ Fiori, continuando a raccontare il destino di Beccaria e Isaresi. Anche per loro l’evento segna la fine, perché i due teologi, segnati dal confronto con un uomo che ha insinuato nelle loro anime il tormento e la bellezza del dubbio, gli sopravvivono solo pochi mesi.