Vertici del Grande Oriente disorientati. Il sacerdote li accomuna alla ‘ndrangheta. Il Gran Maestro: “Le nostre associazioni filantropiche collaborano con la Chiesa” (articolo di Dimitri Buffa)
I massoni sono filantropi, che hanno aiutato anche le strutture di recupero gestite dalle cooperative del giro di Don Ciotti, o sono dei paramafiosi? Tra il Grande oriente d’Italia e don Luigi Ciotti si è aperta una polemica dopo le parole proferite dal fondatore di «Libera» a Locri nel corso della giornata dedicata alle vittime delle mafie. In particolare il Gran Maestro Stefano Bisi, a capo del Goi, è stato molto colpito da dichiarazioni sentite più volte al tg di Sky: «Oggi ci sentiamo tutti calabresi e sbirri. Siamo qui per sostenere e valorizzare quella Calabria che non accetta di essere identificata con la ‘ndrangheta, la massoneria e la corruzione». «E che c’entra la nostra istituzione con la mafia e la corruzione? – insorge Bisi che ieri ha anche emesso un comunicato per stigmatizzare questa paradossale situazione – anche noi abbiamo vittime della criminalità organizzata da commemorare, ad esempio il padre del nostro fratello Antonio Salsone, agente di custodia ucciso dalla ‘ndrangheta negli anni ’80». Bisi che ha polemicamente invitato Don Ciotti a «fare pace» e a recarsi a commemorare i 19 massoni uccisi dai tedeschi alle Fosse Ardeatine, ricorda anche i tempi, non lontani, in cui a don Ciotti e ai suoi uomini non faceva così orrore la massoneria. Tanto – dice Bisi – da accettarne aiuti di tipo filantropico per le proprie associazioni, specie a Torino. «È il caso della associazione “la Ragnatela” – dice il gran maestro aggiunto del Goi Sergio Rosso – guidata negli anni ’90 da Francesco Rocco, all’epoca stretto collaboratore di don Ciotti… per qualche anno gli vennero messi a disposizione gratuitamente i locali torinesi di una nostra filantropica para massonica per aiutare i ragazzi raccolti per strada nel loro percorso di recupero». «Ricordo che in un’occasione don Ciotti venne anche a cena da me per ringraziarmi – dice Rosso – e anche se all’epoca non ero ancora Gran Maestro ero pur sempre uno dei massoni più noti d’Italia avendo già fatto parte della giunta del Goi». E «Don Ciotti sapeva benissimo chi fossi», sostiene il gran maestro aggiunto Rosso, «anche se adesso fa quelle dichiarazioni a Locri».
«D’altronde non c’è nulla di male – ricorda ancora Rosso – noi massoni del Goi siamo anche un’istituzione con scopi filantropici. Che spesso ha collaborato con il mondo cattolico come tuttora facciamo con la nostra associazione paramassonica torinese che si chiama “Mammini” dove aiutiamo i poveri, proprio insieme a uomini di don Ciotti, e tra l’altro forniamo gratis le cure dentarie a 5 mila non abbienti ogni anno in quel di Torino e io credo che queste cose quelli di “libera” le conoscano benissimo». E allora? «Delle due l’una – argomenta il Gran Maestro Bisi che crede alla buonafede di Don Ciotti (invano contattato tramite la propria segreteria da chi scrive, ndr) – o noi siamo buoni e non meritiamo di essere accomunati alla mafia e alla corruzione, oppure siamo cattivi… ma allora tutte le associazioni della galassia di don Ciotti dovrebbero rifiutare i nostri aiuti. Come immagino farebbero se a mettere a disposizione beni e servizi fosse una qualche società riconducibile a mafiosi come Matteo Messina Denaro, magari per rifarsi una verginità».
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[su_document url=”http://www.grandeoriente.it/wp-content/uploads/2017/03/Il-Tempo-24.03.2017.pdf”]Il Fatto Quotidiano 27.02.2017[/su_document]