Il 24 maggio 1915, dieci mesi dopo l’inizio delle ostilità in Europa, l’Italia entrava ufficialmente in guerra contro gli Imperi centrali. Era un lunedì e alle 3,30 del mattino, precedute dai tiri degli obici, le truppe italiane oltrepassarono il confine italo-austriaco, puntando verso le terre irredente del Trentino, del Friuli, della Venezia Giulia. Nel 1918 un poeta e musicista napoletano, Giovanni Gaeta (1884-1961) più noto con lo pseudonimo di E. A. Mario, trasformò quel momento nella leggenda del Piave, una canzone destinata a entrare nella memoria degli italiani.
Gaeta, repubblicano e di grande fede mazziniana, era un fratello. Secondo quanto riferisce Vittorio Gnocchini (cfr L’Italia dei Liberi Muratori Erasmo ed. Roma, 2005, p. 110) venne iniziato il 9 febbraio 1916 nella loggia Unione e Lavoro di Napoli. Durante la seconda guerra mondiale, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, la sua leggenda del Piave ebbe per breve la funzione di inno nazionale italiano, prima della reintroduzione della Marcia reale e poi della sostituzione di quest’ultima composizione con il Canto degli Italiani, scritto dal patriota e massone Goffredo Mameli e musicato da un altro libero muratore, Michele Novaro, nel 1847. “Fratelli d’Italia” venne adottato via provvisoria dal Consiglio dei ministri del 12 ottobre 1946, ma solo nel 2017 è diventato ufficialmente l’inno nazionale.
La Prima Guerra Mondiale, iniziata novembre il 28 luglio 1914 con la dichiarazione di guerra dell’Austria alla Serbia dopo l’omicidio dell’arciduca Francesco Ferdinando, avvenuto il 28 giugno 1914, si concluse l’11 novembre del 1918: coinvolse 27 paesi, costò 10 milioni di morti, 20 milioni di feriti, enormi distruzioni. Nuove armi furono impiegate su larga scala: aerei, sottomarini, carri armati, mitragliatrici, gas tossici, come il fosgene e l’iprite, che prese nome dalla località belga dove il 22 aprile 1915 fece le prime vittime.
Nel 1919 alla Conferenza di pace di Parigi, l’Italia ottenne Trento, Trieste e l’Istria, più l’Alto Adige etnicamente tedesco; ma non Fiume e la Dalmazia. Ne nacque il mito della “vittoria tradita”, che mosse Gabriele D’Annunzio e i suoi legionari a occupare Fiume e a dar vita all’effimera “Reggenza del Carnaro”.
Giovanni Gaeta (1884-1961), insieme a Salvatore Di Giacomo, Ernesto Murolo e Libero Bovio, è da annoverare tra i massimi esponenti della canzone napoletana della prima metà del Novecento ed uno dei protagonisti indiscussi della canzone italiana dal primo dopoguerra agli anni cinquanta, sia per la grandissima produzione – dovuta alla sua felicissima vena poetica – sia per la qualità delle sue opere. Incisioni famose di sue canzoni sono, le interpretazioni di Santa Lucia luntana di Enrico Caruso, Beniamino Gigli, Franco Ricci, Gilda Mignonette, Francesco Albanese, registrate su dischi a 78 giri. In seguito molti dei suoi testi vennero interpretati dai più grandi tenori di tutti i tempi, quali, tra gli altri, Giuseppe Di Stefano, Mario Del Monaco, José Carreras, Plácido Domingo, fino a Luciano Pavarotti. Le sue canzoni hanno fatto parte del repertorio dei maggiori cantanti napoletani di varie generazioni.
La Canzone del Piave
Si racconta che Gaeta compose la Canzone del Piave, che riscosse subito grandissima notorietà, nella notte del 23 giugno 1918, poco dopo il termine della battaglia del solstizio, in seguito alla resistenza e alla vittoria italiana. Le sue parole e le sue note servirono risollevare il morale dei soldati, come ebbe a riconoscergli in un telegramma che inviò personalmente lo stesso comandante in capo, il generale Armando Diaz.