Attimi di silenzio mistico e poi un uragano di applausi e standing ovation hanno accolto l’esecuzione al Musikverein Vienna della Nona di Ludwig van Beethoven diretta da Riccardo Muti sul podio dei Wiener Philhannoniker. L’occasione era la commemorazione dei 200 anni della prima esecuzione della celeberrima sinfonia in re minore, awenuta i’omaggio 1824 al Teatro della Porta di Carinzia (attuale Opera di Stato) a Vienna, in presenza sul palco dello stesso Beethoven (afflitto ormai da sordità completa). Emozione dei grandi eventi nella sala d’oro del Musikverein. La compagine viennese aveva voluto proprio il direttore italiano, con cui ha uno strettissimo legame artistico e umano da oltre 50 anni, per dirigere l’ultima sinfonia completa di Beethoven, monumento del repertorio sinfonico classico. Quattro le repliche del concerto: ieri la prima e il 7 l’ultima. Solisti Julia Kleiter (soprano), Marianne Crebassa (mezzosoprano), Michael Spyres (tenore), Günther Groissböck (basso) e coro del Singeverein della Società degli amici della Musica di Vienna. Poi orchestra e maestro faranno tappa per un concerto, il 9, alla Waldbühne di Berlino e poi in tournée in Italia con apertura del Festival di Ravenna.
LE PROVE
Muti ha provato per quasi una settimana a Vienna e fino alla fine ha limato guidato i musicisti con la consueta precisione e chiarezza. Alla generale, pochissime persone ammesse in sala oltre alla moglie Cristina e a sorpresa il maestro Christian Thielemann, grande interprete del repertorio tedesco, che dirige questi giorni il Lohengrin di Wagner alla Staatsoper. Meticoloso e severo persino con i Wiener, Muti ha insistito, corretto e interrotto diverse volte i musicisti fmo a ottenere la nota, il suono desiderato. Il legame fra la Nona e i Wiener è viscerale, come ha sottolineato anche Daniel Froschauer, presidente dell’orchestra, grazie al quale quattro pagine manoscritte della partitura originale di Beethoven, custodita a Berlino alla Staatsbibliothek, sono esposte a Vienna al Theater Museum fino al primo luglio. Un legame quasi genetico: «Almeno 200 le volte che i Wiener nella loro storia hanno eseguito la Nona», racconta illustrando la mostra. I 200 anni sono festeggiati in tutto il mondo con l’esecuzione della famosa sinfonia coni versi finali dell’Inno alla Gioia di Schiller, divenuto da11972, su adattamento di Karajan, l’inno ufficiale dell’Europa, dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco.
Il testo di Schiller è un inno alla pace e già di per sé un monumento lirico struggente. Il poeta e drammaturgo tedesco, campione del romanticismo e della lotta per la libertà, lo aveva concepito come composizione per la massoneria, e infatti all’inizio il testo recitava “Inno alla libertà”. Fu Beethoven a cambiarlo per la Nona in “Gioia”. Ma in occasioni storiche il testo originario ritorna. Come al concerto dopo la caduta del Muro di Berlino diretto da Bernstein, che al posto di gioia (Freude) fece intonare la parola libertà: “Freiheit schöner Götterfunken”, libertà, radiosa scintilla divina. Lo stesso è accaduto davanti alla Porta di Brandeburgo il giorno dell’invasione russa dell’Ucraina, 24 febbraio 2022, quando la gente radunata per protestare cantò l’inno di Schiller sostituendo la parola gioia con libertà. Per Beethoven la Nona era un’implorazione di pace e fratellanza in un continente dilaniato da anni delle guerre napoleoniche. Messaggio quanto mai attuale oggi. Durante quasi due ore di concerto senza pausa, i Wiener hanno sfoggiato una potenza impressionante di suono. IL FINALE Dieci minuti di applausi alla fine, ovazioni per orchestra, coro e maestro, e numerose chiamate fuori scena per i solisti e Muti. Ressa di persone in fila davanti al suo camerino, con l’omaggio anche del nuovo ambasciatore d’Italia, Giovanni Pugliese. Di Flaminia Bussotti