“Laicità, grazie a Dio”

Pittore, docente di architettura all’Università di Milano, Levi Della Torre è “un ebreo laico e non credente, immerso in quanto italiano in una società dal profondo sostrato cattolico”. Il suo è dunque uno sguardo inevitabilmente relativo, ma che non gli impedisce di osservare con incredibile lucidità il mondo “altro” dei credenti, e di coglierne i legami profondi con quello dei laici.

Se un tempo, sullo sfondo di una secolarizzazione che appariva ormai inarrestabile, i principî laici potevano sembrare chiari e inattaccabili, oggi lo scenario è molto cambiato e mentre si registrano “ingorghi sulla via Damasco”, la laicità è soggetta a un preoccupante discredito. Da questa constatazione Levi Della Torre prende le mosse per sviluppare la propria illuminante riflessione. Ciò che emerge con forza è l’insolubile connessione tra religione e laicità , connessione che si manifesta spesso nei termini dal conflitto e che potrebbe, invece, esprimersi nel confronto.

“Il laico e il credente, – scrive Levi Della Torre, – sono consanguinei che interferiscono tra loro anche nella stessa persona, e litigano come Giacobbe ed Esaú nel ventre della stessa madre. L’uno col vessillo delconoscere, l’altro col vessillo del credere, ma entrambi fanno l’una e l’altra cosa, in luoghi però diversi della mente e del cuore. Talvolta il laico e il credente si spartiscono il territorio (a questo le cose del mondo, a quello le cose di Dio) per un compromesso di pace, ma a rischio di falsificare le rispettive nature che, per entrambi, sono invadenti e pervasive. Ma è nella laicità che spirito critico e fedi ideologiche e religiose trovano le condizioni civili della loro convivenza conflittuale“.

Attraverso strumenti diversi, dunque, laicità e religione rispondono all’impulso a ricercare continuamente risposte che sopperiscano alla lacunosa esperienza del mondo consentita all’essere umano: “In massima parte, laicità e religione si occupano in modo diverso delle stesse cose: di come va il mondo e di come dovrebbe andare, della vita e della morte, della sofferenza e della speranza. Il conflitto tra laicità e religione non è tanto sugli argomenti quanto sul modo di argomentare, sui criteri di fondo circa il vero e il falso, circa il rapporto tra il sapere e il credere“, scrive Levi Della Torre.

E nell’intervista di Marcoaldi spiega: “Da laico, non obietto alla religione di essere troppo metafisica, ma di esserlo troppo poco. Perché pretende di dare un volto definitivo all´abisso. I veri, grandi mistici laici del moderno sono proprio Leopardi e Kafka. Perché accettano l´abisso e ci sprofondano dentro. Senza riempire il mistero di parole volte ad addomesticare quell´abisso, per addolcirne l´angoscia. Senza tradurre la vertigine dell´insondabile in liturgie consolatorie. Freud sosteneva che si investono più energie nel ripararsi dagli stimoli che nel riceverli. Ecco, le religioni costruiscono delle formidabili fantasmagorie proprio per incistare lo scandalo del caos, per dare senso alla realtà e al contempo ripararsi da essa”.
Se da un lato l’autore prende dunque le distanze in modo netto dall’approccio religioso, si discosta anche con forza da quella che lui chiama mentalità laicistica, ossia la decadenza della laicità in abitudine passiva, in luogo comune ideologico, in identità ripetitiva. E aggiunge: “Non condivido la posizione di quei laici secondo i quali gli argomenti religiosi sono affari che non li riguardano. La religione non è solo un fatto privato, bensí collettivo e sociale“.

Ed è questo terreno, soprattutto, che Levi Della Torre esplora con grande senso critico e una scrittura brillante, individuando i termini di un confronto positivo tra laicità incredula e religione.

“Che cosa possono imparare l’uno dall’altro lo spirito laico e lo spirito religioso? – si chiede. – A non accontentarsi di se stessi e neppure del mondo cosí com’è. Dallo spirito laico il religioso può imparare la fatica del dimostrare rispetto alle rassicurazioni del credere, l’umiltà della ricerca rispetto alle certezze della fede, la passione per la ragione rispetto alla ragione delle passioni… E che cosa lo spirito laico può imparare dalla religione? La potenza delle forme simboliche, la necessità dell’illusione per la dinamica della vita”.

Laicità, grazie a Dio! esprime dunque fin dal titolo un legame che sembrerebbe paradossale ma che invece, per dirla con Leopardi, è “una mirabile congegnazione del sistema dell’uomo, il quale non sarebbe irreligioso, se non fosse stato religioso“.



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