Le grandi utopie. La città del sole di Tommaso Campanella

Nell’età della Controriforma, mentre da una parte maturavano le premesse storiche poste dall’Umanesimo e dal Rinascimento e dall’altra si stabilizzava la dominazione congiunta dell’Impero di Spagna e dell’Inquisizione, Campanella si assunse la missione di “debellare tre mali estremi: tirannide, sofismi, ipocrisia”.

Ispirata dalle utopie politiche di Tommaso Moro e Platone, nella Città del Sole Tommaso Campanella immagina una repubblica “naturale”, condotta da un re-sacerdote e da tre magistrati. Una repubblica in cui si pratica una religione “naturale” e in cui non si crede all’esistenza dell’inferno o alla concreta possibilità di qualsivoglia punizione divina.

Uno stato dove ogni proprietà (e donna) è messa in comune e in cui al lavoro sono destinate al massimo quattro ore giornaliere. La nascita dei figli è guidata da necessità astrologiche (come in Platone) e la loro educazione ispirata da principi basati sulla valorizzazione dell’esperienza e non sui libri, anticipando in questo molte delle valutazioni della moderna pedagogia. Un’opera visionaria quindi, che ispirerà in modo importante il pensiero utopistico dei secoli successivi.



Un commento a “Le grandi utopie. La città del sole di Tommaso Campanella

  1. Nella Città del Sole convivono il nuovo e l’antico in un mix affascinante. C’è una codificazione delle classi sociali che prevede quella dei guerrieri, e si precisa che anche le donne “ben sanno sparar l’archibugio”, una pratica seguita oggi nel modernissimo Stato di Israele. Nel contempo è presente una vena di moralismo che induce il domenicano Campanella a prevedere la pena di morte per l’uso di belletti e per il peccato di sodomia, che oggi trovano tutta la nostra indulgenza.

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