di Massimo Colaiacomo
Il conte Luigi Pianciani è stato il primo sindaco di Roma davvero “popolare”, secondo la pubblicistica dell’epoca. “Esuberante e in certe occasioni perfino arrogante”, lo descrive Alberto Caracciolo nella sua ricca e colorita galleria dei sindaci di Roma. Massimo Colaiacomo a pagina II Il personaggio Il conte mazziniano che si fece sindaco e rivoluzionò la scuola di Massimo Colaiacomo Il conte Luigi Pianciani è stato il primo sindaco di Roma davvero “popolare”, secondo la pubblicistica dell’epoca. “Esuberante e in certe occasioni perfino arrogante”, lo descrive Alberto Caracciolo nella sua ricca e colorita galleria dei sindaci di Roma, Pianciani si schierò senza remore nelle file del democratismo radicale, lui che proveniva da una famiglia di devota tradizione cattolica e sempre al servizio dello Stato pontificio. Fu eletto sindaco la prima volta nel 1872, a 62 anni. La seconda sindacatura, nel 1881, gli fu quasi imposta da Agostino Depretis, che pensava con Pianciani di arginare le spinte clerico-moderate divenute nel frattempo sempre più forti sul Campidoglio. La tempra del combattente si era formata attraverso le dure battaglie del primo Risorgimento. Dopo la Repubblica romana, alla cui caduta seguirono lunghi anni di esilio in Inghilterra e in Francia, il mazziniano Pianciani rientrò in Italia in tempo per mettersi al seguito di Garibaldi, a Bez zecca, nel 1866, e l’anno successivo a Mentana. La lunga vicenda risorgimentale aveva mutato in profondità la sua prospettiva politica e civile. La partecipazione alla Legione romana organizzata da Papa Pio IX nella prima guerra di Indipendenza era la naturale conseguenza dell’educazione ricevuta che in quel caso si incrociava con il fervore nazionale e unitario. Ma dopo l’improvviso dietrofront del Papa preoccupato della guerra contro l’Austria, come molti cattolici della sua generazione si ritrovò davanti al bivio fra la fedeltà al papato e la fedeltà alla causa nazionale. Una scelta che per lui si rivela semplice. Eletto all’Assemblea costituente della Repubblica romana, nel giugno del 1849 arrestato dai francesi, sceglie la via dell’esilio. Da Parigi a Londra, passando per un lungo soggiorno sull’isola di Jersey. Poi in Belgio e in Svizzera. Sono anni straordinari per la sua formazione intellettuale. Accolto nell’Associazione nazionale italiana di Mazzini, se ne distaccò dopo il fallimento dei moti milanesi del febbraio 1853. Al suo rientro in Italia, ne11860, era sempre vicino ai valori del mazzinianesimo, ma aderì presto all’universo di valori propri del mondo garibaldino e radical-progressita. Una svolta in aperto conflitto con il crescente scetticismo per la soluzione repubblicana. “Il più comune buon senso insegna che in fatto di unità nazionale non può oggi farsi altrimenti se non che con V. Emanuele ( …). Converrebbe esser insensato per non vedere che un’altra bandiera, la bandiera repubblicana, dividerebbe invece che unire”. Il futuro sindaco di Roma, al pari dei sindaci di epoca più recente, si cimenta prima nella campagna elettorale per il Parlamento. Sconfitto una prima volta, nel 1861, risulta eletto ne11865, nel collegio di Spoleto, città natale di suo padre. In quegli anni si completa il suo avvicinamento alla massoneria fino alla fondazione, ne11877, della Propaganda massonica. Quando nel 1872 viene eletto sindaco, si trova in una condizione abbastanza irrituale. Il democratico radicale eletto con suffragio elettorale censitario, quindi da una parte davvero minoritaria dei romani, si rivolge alla maggioranza con i suoi discorsi in Consiglio comunale, che diventano “Lettera ai Romani”, quasi a imitazione delle lettere paoline. Uno stratagemma tipico, si direbbe oggi, di una vocazione “populista”, come ha osservato Caracciolo, un tratto piuttosto evidente in Pianciani che mai ha nascosto la sua insofferenza per le istituzioni nazionali e le procedure farraginose della burocrazia. Moltiplica le scuole elementari, i dormitori per i senza casa, attiva un piano di case popolari sul modello belga e trova una sistemazione definitiva al quartiere Prati. Nascono le prime scuole superiori femminili e una società per l’istruzione della donna, fino all’istituzione della festa civile in ricordo del 20 settembre 1870. Pianciani fa in tempo a tornare in Parlamento, eletto nella circoscrizione urbana di Roma I (quartiere Monti). È sulla diffusione degli ideali laici, sempre più coincidenti con un impegno anticlericale, che si concentra negli ultimi anni. È a lui che si deve la costruzione del forno crematorio al cimitero del Veramo. Nel 1889 presenzia all’inaugurazione del monumento a Giordano Bruno, in Campo de’ Fiori. La sua ultima apparizione pubblica è per commemorare Aurelio Saffi, il triumviro della Repubblica romana. Quando muore, ne11890, la salma viene cremata, per sua volontà, e le ceneri custodite al Pincetto del Verano.